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Posts Tagged ‘2004’

Kill Bill Vol. 1 e Vol.2

Monday, October 18th, 2010 by

Sto per dire, o meglio ripetere, un’ovvietà totale: Tarantino é un genio! Scusate ma dopo una minimaratona fatta dei Volumi 1 e 2 di Kill Bill che altro potevo dire?
Come sempre in questo film, sì lo so sono due ma se non lo avete già visto al cinema separatamente io consiglio di vederli in sequenza, tutto rende meglio. E’ un’unico film e così va visto. Dicevo? ah sì, che come sempre da questo film si capisce, di nuovo, l’immensa cultura cinematografica di Tarantino, c’è probabilmente una citazione per tutto quanto, dai film classici giapponesi ai western finendo nei manga. Sì, c’é anche uno spezzone di fumetto manga dentro, c’é ed é perfetto perché racconta una storia nella storia, una storia crudele di formazione.
C’é una scena d’inverno, sotto la neve, in un giardino giapponese che sembra girata dentro una di quelle palle di vetro che se le girate scende la neve, un combattimento di per sè lento reso un ballo scatenato all’ultimo colpo con un flamenco di sottofondo che tiene sospesi dentro quella palla di vetro quasi natalizia.
Degli attori posso solo dire che Uma Thurman è the Bride, si vede subito che il personaggio le é stato disegnato addosso da Tarantino e da lei stessa. Il regista ha infatti sempre ammesso di non poter accettare nessun altro per il ruolo principale, per girare il film ha aspettato la Thurman, incinta quando Tarantino voleva iniziare le riprese, e ha poi disegnato con lei il personaggio. Un killer.
La storia la sapete e il titolo di per sè racconta tutto quello che c’é da sapere senza avere spoiler: una sposa deve avere la sua vendetta e uccidere Bill. Come si dedica a questa missione e soprattutto come Tarantino ce lo racconta é qualcosa che non si può descrivere é Cinema, è il motivo per cui si paga il biglietto, il motivo per cui alla fine del film si passano ore a spulciare citazioni, dettagli e non si smette per giorni. O forse siamo noi due ad essere anormali, lo so.
Una sola cosa ancora sento di voler dire, ci sono mille e mille inquadrature in questo film che sono perfette, sono scatti fotografici che incantano, sono scene studiate al millimetro, sono dettagli che, insieme a tutto il resto, fanno di Tarantino un genio. Non ho contato le volte in cui avrei voluto fermare il dvd per gustarmi la luce di un’inquadratura, troppe.
Quello che definirei un capolavoro. Troppo violento e splatter? come sempre é così violento ed esplicito che non fa più paura, tranne forse una scena claustrofobica. Poi ricordatelo: nei film di Tarantino ci sono sempre battute e scene di un’ironia tale per cui anche in mezzo a tutta la violenza la risata scappa sincera.

Catwoman

Monday, December 28th, 2009 by

Chiudiamo l’anno (il più produttivo della storia di questo blog – complimenti a tutti) con un’altra mini-recensione un po’ sull’onda di quella fatta da Schuck un po’ di tempo fa.

Dunque…

ecco, diciamo che l’unico motivo per cui vale la pena di spendere due ore (1 ora e 50 minuti) della vostra vita per guardare Catwoman è che Halle Berry è di una bellezza sconvolgente.

L’Esorcismo di Emily Rose

Sunday, February 22nd, 2009 by

L’Esorcismo di Emily Rose, dunque.
Da dove inizio? dal fatto che mi avevano avvisato, prima di guardarlo?
In effetti mi avevano preparato, dicendomi che “prende” parecchio, ed è vero, anche se ha un picco di suspance che poi sfuma colpevolmente: un crescendo di pathos continuo, che però tocca il suo picco prima della fine, sfruttando poi la curiosità dello spettatore (ma come andrà a finire?!) per tenerlo incollato fino alla fine, anche dopo che la suspance ha raggiunto il suo climax per poi sfumare.
Ma andiamo con ordine. Per prima cosa, la trama (cerco di non spoilerare, tranquilli). Nonostante il tema controverso (il sovrannaturale, le possessioni demoniache), la trama cerca sempre di non sfociare nel surreale, ma si tiene nel limbo del “potrebbe”, sfruttando un meccaninsmo intelligente: molte delle scene della vita della protagonista, narrate in flashback, sono presentate prima nell’ottica di una vera e propria possessione, poi la medesima situazione è rinarrata dal punto di vista medico scientifico.
Scelta narrativa interessante (il film “parla” allo spettatore, dicendo: “amico, non ti racconto una storia di superstizioni vendendotele per assolutamente vere, ma ti parlo del POTREBBE”), ma a tratti forzata, soprattutto quando si tirano fuoi spiegazioni (para)scientifiche più surreali della possessione stessa. E alcune trovate narrative sono, ahime, prevedibili, “telefonate” come un passaggio in orizzontale a metà campo.
Parlando del ritmo, c’è da fare un distinguo: il processo è incalzante (come ci si aspetta che sia), ma tutti gli altri dialoghi al di fuori dall’aula hanno un ritmo lento, che permette allo spettatore di ponderare ogni singola parola. Ma nonostante la lentezza dei dialoghi, il ritmo narrativo complessimo è rapido, per lo meno fino alla scena clou, dopo la quale, come ho detto, si estingue parte del pathos, ma non dell’interesse della trama.
La regia non colpisce particolarmente, ma è comunque ben studiata. Porta a termine il compitino nelle scene di puro dialogo, mentre focalizza abilmente l’attenzione sui dettagli terribili quando la situazione lo richiede.
Non geniale, non originale, ma estremamente efficace l’uso di elementi classici come porte scricchiolanti, rumori nel buio, movimenti inspiegabili. Queste cose, con la loro semplicità vanno a toccare tasti antichi all’interno dello spettatore, facendo venir voglia di fare il segno della croce prima d’andare a letto; ci sono poi scene che ti incollano letteralmente allo schermo: quando arriviamo al famigerato climax emotivo, si è proprio preda della pellicola, lo spettatore stesso è incollato allo schermo, ipnotizzato, incapacitato a distogliere lo sguardo, come se fosse a sua volta “posseduto” dal film.
Per fare capire la situazione, io mi stavo guardando il film sorseggiando un whisky, che contavo di diluire nell’arco dell’ora e cinquanta di film. Dopo la famigerata scena madre, ho preso il bicchiere ed il dito e mezzo rimasto, e…glom, giù in un sorso come acqua fresca.
E ora, mi sa che scendendo la scala per andare a letto, accenderò tutte le luci.
Beh, non per paura del Maligno, ma per evitare di fare le scale di faccia, no? no…..? ok..forse non solo per non rischiar l’osso del collo sui gradini………….
Infine, una cosa che forse non tutti sanno: che cioè, questo film è tratto da una storia vera.
ps: spero di non svegliarmi alle 3.00am……..
buona notte

Hellboy

Friday, February 20th, 2009 by

si, Hellboy, il primo, non quello che è uscito la scorsa estate.
Eggià, sono un po’ in ritardo con la recensione…il fatto è che illo tempore non l’avevo visto, chissà poi perchè, e me lo son trovato casualmente ieri sera su Italia1, così ho pensato di colmare questa lacuna.
E son stato contento d’averla colmata.
Si tratta di uno di quei film che secondo me sono l’ideale per una serata di relax, senza troppo impegno, ma che comunque hanno dei meriti. Nello specifico, i meriti sono una trama interessante ed originale, ricca di spunti (di cui dirò poi, meritano un paragrafo a parte).
Non si può dire che il personaggio principale brilli per originalità: ricalca lo stereotipo dell’eroe solitario e burbero, ma con la battuta pronta (alla “Die Hard”, per intenderci, ma perchè no, anche alla Bud Spencer, accidenti), il supereroe da fumetto appartenente alla categoria dei “reietti” (da Batman a Hulk, dal Corvo agli X-Men) perchè diversi e per certi aspetti addiruttura “oscuri”. Ma è pur sempre uno di quei personaggi sopra le righe, di quelli che è difficile non prendere in simpatia, che colpisce coi cazzotti ma anche con la lingua, con l’ironia tipica del disilluso..ma che continua per la sua strada.
Forse più originalità si può trovare nei personaggi secondari: per i “buoni”, l’uomo/pesce che sa leggere il passato ed il futuro; per i “cattivi”, l’uomo meccanico che ha sabbia al posto del sangue ed una molla a carica al posto del cuore.
L’originalità della trama consiste nell’attingere qua e là, mischiando bene il tutto. Ci sono riferimenti a H.P. Lovecraft: all’inzio del film, una citazione dal “de Vermis Misterii”, immaginario grimorio nato dalla mente di Lovecraft appunto e di Bloch; poi il riferimento a terribili divinità ibernate in tombe di cristallo nello spazio remoto, dalle forme gigantesche e tentacolari che tanto ricordano i Grandi Antichi.
Si pesca poi anche nella Storia con la S maiuscola..o meglio, nelle sue pozze più melmose: si gioca sull’ambiguità della figura di Rasputin, veggente e soprattutto stregone, ma soprattutto (e da qui parte il film, ma non dico troppo per non spoilerare) sui (più che) presunti legami tra Nazismo ed esoterismo (già visti anche nella saga di Indiana Jones, tral ‘altro).
Quello che ne esce è un mix interessante, decisamente fumettesco, senza pretese (che è poi quello che lo rende altamente digeribile), ma filante ed avvincente.
Infine..beh, ci sono stati un paio di momenti nel film in cui mi si è accesa una lampadina: “Cabal!”..ho colto qualche legame con lo splendido film di Clive Barker risalente agli ormai lontani anni ’80 (lontani, troppo lontani per poter farne una recensione adeguata, ma se mi capitasse di rivederlo, non mancherò, giuro). Rifermimenti casuali ed involontari sicuramente, inevitabili visto la natura simile dei protagonisti.
Non ho parlato degli effetti speciali, lo so, nè della regia (onesta, senza infamia e senza lode), mentre meritano una nota di merito le scenografie: azzeccatissimi gli ambienti che si sviluppano in verticale…verso il basso, chiaro richiamo alle origini demoniache del protagonista, bellissimi nella loro complessità e nell’essere giganteschi; in poche parole: da fumetto.
Giudizio finale: Il film non è certo un capolavoro da Oscar, ma è decisamente piacevole…”guardevole”, direi.

Kyashan – La Rinascita

Wednesday, March 7th, 2007 by

Ieri sera sono finalmente riuscito a vedere, seppur in dvd, un film che purtroppo mi son perso quando è passato (fugacemente, per lo meno dalle mie parti) nelle sale, e che aveva decisamente cattuarato la mia attenzione. Trattasi di “Kyashan – la rinascita” (tit.orig.: “Casshern”, jpn, 2004; non ho trovato un sito ufficiale in italiano, nè tantomeno uno ufficiale in inglese aggiornato, quindi accontentiamoci di questo . . ps: l’ho letto DOPO aver scritto questo post), tratto da un cartone animato che magari i nati tra gli anni 70 e gli 80 potranno ricordare..ma per rinfrescarsi la memoria (e per chi non lo conosce) basta andare qui . NB: se arrivate in fondo alla pagina, il “Sergio” autore del pezzo non sono io, è simpatico caso di omonimia :).
Per prima cosa, è doveroso premettere che il film si discosta parecchio dal cartone animato, anche se ci sono alcune citazioni dell’anime originale: un cane di nome Flender, come il cane-robot che accompagnava Kyashan nel cartone; il tipico casco (modello jet con una grande luna sottile che parte dalla fronte), che si vede solo in un paio di scene dove è protagonista di un evidentissimo primopiano (giusto per la goduria dei nostalgici, ma che non viene mai indossato dal protagonista); ed il letto a forma di cigno nel quale riposa la mamma di Tetsuya-Kyashan..qualcuno si ricorderà invece che nel cartone animato, la mente della madre di era inglobata in un cigno robotico.
Ma veniamo al film….finalmente! Di certo è un film molto particolare…2 ore e venti di giapponesi e di immagini visionarie potrebbero non piacere a tutti…ma il film, anche se non è un capolavoro riuscito al 100%, ha parecchi spunti interessanti, sicuramente. Insomma, non è un film facile, non è un film banale.
Per prima cosa, l’impatto visivo è notevole. Il film esordisce con gli scenari di una megalopoli che sembra una citazione di bladrunneresca memoria..Le scenografie, realizzate per lo più in digitale, oltre al suddetto Blade Runner, mi hanno riportato alla mente anche un pizzico di “Dark City” (di Alex Proyas, il regista de “il Corvo”). Di sicuro lo steam-punk si fa sentire, con un futuro ipertecnologico in cui i protagonisti ascoltano la radio con le manopole e guidano auto da gangster movie. Ecco, forse i costumi sono una nota negativa (tranne la tuta di Kyashan), ma il mecha design (permettetemi un’espressione da cartone animato…mi riferisco al design dei mezzi di trasporto e degli androidi) è spettacoloso. Treni immensi che viaggiano su 6 binari, aerei di dimensioni bibliche, portacontainer volanti a traliccio (questa m’è venuta così, non saprei come descriverveli…avete presente quelle gru su binario, ad “U”, che sollevano i conteiner negli scali ferroviari e nei porti commerciali? ecco, mettetene assieme un paio con una struttura a traliccio, montategli alcune eliche e fateli volare..). E gli androidi!! chi si ricorda del cartone animato, non potrà non avere un pizzico di nostalgia vedendo i battaglioni di robot con la testa incassata a forma di elmo prussiano, con tanto di punta, e i piedi a mo’ di scarpetta araba con la punta all’insù!
Evidenti anche le allusioni all’imperialismo asiatico, con tazebao giganteschi con la faccia del lider (un “generalissimo”) della confederazione della Grande Asia, scritte in cirillico e sculture di militari che non possono non richiamare rispettivamente l’iconografia maoista e staliniana.
Il tema di fondo è attuale: la biotecnologia. Si parte dalla scoperta delle “nanocellule”, una sorta di super cellule staminali, che dovrebbero essere in grado di sostituire qualsiasi parte del corpo “guasta”, e si arriva ad una guerra tra neoumanoidi ed umani…ovviamente il tutto condito da un contrasto edipico padre – figlio e da altri interessanti spunti di riflessione. Perchè lo scontro non è tra buoni e cattivi, ma è piuttosto una ricerca tra cosa è sbagliato..e cosa è meno sbagliato.
Non avete capito? beh, nemmeno io..infatti penso che rivedrò sto film tra qualche tempo per cercar di far luce su alcuni passaggi nebbiosi 😀
Il punto di di forza del film è, infatti, il grande impatto narrativo delle immagini. Al di là degli effetti grafici nei combattimenti, da cartone animato (giustamente!! ben fatti ed azzeccati stilisticamente), ci sono molte inquadrature statiche di forte impatto. L’uso narrativo dei colori (e del bianconero!) è fatto con grande accuratezza, e evidente è la narrazione per metafore. Di effetto, ad esempio, la “rinascita” di Tetsuya-Kyashan, immerso dal padre nel liquido di cultura delle neocellule, rappresentazione di un moderno liquido amniotico, con una gestualità “battesimale”.
La narrazione per metafore prevale soprattutto nell’ultima parte del film, appesantendolo un po’, e rendendo più difficoltoso capire cosa avviene realmente, ma offre numerosi spunti di riflessione. Infatti, quello che conta (come già ho avuto modo di vedere in altre opere nipponiche) non è tanto quello che succede nella realtà, ma quello che provano i protagonisti. L’evolversi della trama psicologica prevale sullo svoglersi di quella “concreta”, nella realtà (della finzione). Non è la vita o la morte dei personaggi che conta, ma le conclusioni a cui riescono ad arrivare, ciò che riescono a comprendere. Un messaggio che definire interessante o stimolante è ancora riduttivo.
Un ultimo accenno alle musiche: discrete, non invasive, ma sempre clamorosamente azzeccate, aderenti allo svolgersi delle immagini. Bravi.
Avrete notato che non ho parlato molto della trama (per questo, basta vedere il film, no?), che alla fine, è l’aspetto meno importante del film. Può sembrare paradossale, ma secondo me è decisamente così…
sperando d’avervi messo almeno un pizzico di curiosità circa questo film, spengo tutto e vado a letto, che sul fuso orario di Cavona s’è fatto tardi….
buona visione!
Schuck