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Melinda and Melinda

Wednesday, January 20th, 2010 by

Sempre cercando di colmare le mie lacune cinematografiche sere fa ho visto questo film di Allen. Per l’ennesima volta mi sono ritrovata a pensare che Allen é un genio, non una gran novità, vero ma é un pensiero che mi si fissa sempre più. So che in queste pagine non sono sola.
La trama é semplice e potrebbe sembrare già vista se la si guarda superficialmente. Quattro amici al tavolo di un ristorante discettano di tragedia e commedia, poi due di loro si lanciano una piccola sfida mentale. Partendo da un’incipit comune, da una storia semplice, uno di loro svilupperà una piccola deliziosissima commedia, l’altro una tragedia non cupa ma decisamente “greca”.
Molti i dualismi in atto insieme a quello tragedia VS commedia, cinema VS teatro, Stravinsky VS jazz; piacevoli da notare e perfetti come sfondo alle storie.
Cosa scegliereste di vivere? Cosa rende la vita interessante e degna di esere vissuta? Qual é la vostra sfumatura preferita? quella in cui vi sentite “voi” fino in fondo?

Possiamo guardare questo film sottolineando gli innumerevoli spunti filosofici, oppure lo possiamo guardare come un film ben fatto, non memorabile come Match Point, ma godibilissimo, pieno delle immancabili battute fulminanti di Allen.

Hobie: You feel like we don’t communicate anymore?
Susan: Of course we communicate. Now can we not talk about it anymore?

Titoli di testa: bianchi su sfondo nero, in perfetto stile newyorkese, molto classici, molto Woody Allen.

V for Vendetta

Saturday, November 11th, 2006 by

Remember, remember, In Flanders fields the poppies blow
The Fifth of November,
The Gunpowder Treason and Plot
I know of no reason
Why the Gunpowder Treason
Should ever be forgot

Non ci siamo dimenticati del 5 di Novembre. Ma abbiamo deciso di ricordarlo insieme a un altro giorno che non dovrebbe mai essere dimenticato. Quando vivevo nella perfida Albione andavo in giro a chiedere a quelli che mi capitavano a tiro se quello che festeggiavano durante la Notte dei Falò era l’idea di far saltare per aria il Parlamento oppure il fallimento di questo tentativo. Non posso più mettere in imbarazzo i nativi e farli diventare tutti rossi e quindi quale modo migliore di celebrare che una sesta visione del film che offre una risposta a questa domanda?

A me i fratelli W., lo ammetto, stanno vigorosamente sulle balle: due che sono riusciti a sputtanare in così malo modo un’idea geniale come Matrix andrebbero offerti in sacrificio umano alla Dea del Cinema. Devo però concedere che sotto l’apparenza del blockbuster, tra esplosioni, sparatorie, inseguimenti, effetti specialissimi e combattimenti splendidamente coreografati sono capaci di parlare di filosofia, religione, storia, politica e altri argomenti “pesi” in modo profondo e intelligente. Valeva in Matrix (nonostante lo scempio fatto) vale ancora di più in V. Fare un film su un terrorista anarchico in anni come questi richiede indubbiamente una buona dose di coraggio. Per farlo bene, costringendo a pensare un pubblico mediamente refrattario a farlo, bisogna essere bravi.

Non che l’adattamento di V sia del tutto indolore. Perchè ripulire e correggere il carattere di Evey, perchè le suggestioni romantiche? Perchè, poi, “scostare” la maschera e accennare a cosa c’e’ dietro? Chiedere a un uomo mascherato chi sia è un paradosso. Centrare il personaggio di V su questo paradosso permette di giocare sulla scissione tra l’uomo e l’idea, confondendo il messaggio originale che sono le idee che contano (“Beneath this mask there is more than flesh. Beneath this mask there is an idea, Mr. Creedy, and ideas are bulletproof!”). Voler “umanizzare” un personaggio troppo difficile da gestire mette in difficoltà i presupposti filosofici della sua storia. Tutto sommato, e nonostante Alan Moore l’abbia ripudiata (per motivi che sembrano comunque indipendenti dal film stesso), questa è comunque la cosa migliore che Hollywood abbia sfornato dal 2003 in qua.
Il tema del vendicatore mascherato che si incarica di ristabilire i diritti del popolo oppresso non è certo nuovo (Zorro, Batman, etc…), ma V è un vendicatore molto diverso dagli altri. Teatrale e sopra le righe, folle e mostruosamente razionale, non si preoccupa di mascherare o giustificare le sue azioni con nobili cause. Vuole l’anarchia e la sua vendetta personale. Mostro, pazzo, terrorista o eroe?
A ciascuno il suo: V non chiede di essere visto o giudicato in un certo modo, così come non cerca di imporre le sue idee o la sua agenda.

V for Vendetta è soprattutto un film politico: “People should not be afraid of their governments. Governments should be afraid of their people”. Quello che Moore scrisse negli anni del thatcherismo rampante assume oggi un significato totalmente diverso e molto più inquietante. Il cambio d’atmosfera nel film rispetto al fumetto è molto significativo. Gli aspetti più estremi della distopia di Moore sono stati diluiti e quella che in cui si muove il V del film può essere descritta più come uno stato autoritario che come una dittatura fascista. Una visione meno nera di quella originale, ma anche molto più realistica e più attuale. Un’evoluzione della società in una autocrazia “conservatrice” grazie alla lenta e costante erosione dei diritti civili, della privacy e alla manipolazione dei mezzi di comunicazione è molto più probabile che non la nascita di una vera e propria dittatura nel senso tradizionale del termine. Questo è, in effetti, quello che sta succedendo proprio adesso.
Infatti i riferimenti all’attualità si sprecano: dalla fobia islamica all’influenza aviaria, dagli allarmismi ecologici alle campagne anti-gay, dall’emergenza del terrorismo alla distorsione del linguaggio: in cambio di protezione e sicurezza (fittizie) si chiede di “limitare” o rinunciare ad alcuni diritti Ma è un patto con il diavolo (non a caso i riferimenti a Faust e a MacBeth).
C’è qualcosa di terribilmente sbagliato in questo paese. E in questo mondo. Forse qualcuno ne è più responsabile di altri, ma se cerchiamo il colpevole…
… dobbiamo solo guardare nello specchio.

Solo che a noi non verrà nessuno a salvarci.

Our integrity sells for so little, but it is all we really have. It is the very last inch of us. But within that inch we are free.

Munich

Monday, March 20th, 2006 by

Non posso dire che l’ultima opera di zio Steven mi abbia deluso. Non posso nemmeno dire che mi abbia entusiasmato.
Tecnicamente (quasi) perfetto (come sempre), solo che, conoscendo lui e il soggetto così politicamente sensibile, mi aspettavo un approccio un poco più emotivo. Invece è didascalico, quasi freddo. Diciamo anche che Eric Bana piacerà pure alle donne, ma non è proprio questo attorone, il che non aiuta di certo.

Spielberg è un regista troppo esperto perchè questo non sia un effetto voluto, per cui la mia impressione è che parli di Israele, ma stia parlando all’America. In piena “guerra al terrore” (qualunque cosa voglia dire) e con un paese sconvolto dagli scandali di torture, intercettazioni illegali, campi di concentramento e via discendendo nell’orrore, Spielberg sembra voler dire: “guardate che di qua non si va da nessuna parte, rischiamo di fare la fine di israeliani e palestinesi.” Purtroppo l’impegno politico lascia un pò in disparte il tema della vendetta che con il suo groviglio di ambiguità, contraddizioni, sensi di colpa, tormenti interiori e passioni, si presta a elaborazioni artistiche notevoli (dal “Conte di Montecristo” in poi), che magari sarebbe stato un poco scontato, ma avrebbe aggiunto spessore alla storia.

Personalmente l’ho trovato molto più interessante dal punto di vista storico. La ricostruzione dell’assalto al villaggio olimpico, la pavidità dell’Europa pronta a scendere a patti coi terroristi per quieto vivere (e oggi ne paga il prezzo), l’isolamento e la fredda determinazione di Israele (incarnato in una grandiosa Golda Meir), le ambiguità dei rapporti tra l’OLP e i servizi segreti americani e sovietici nell’ambito della più ampia partita della Guerra Fredda, la strana relazione tra il terrorismo ideologico (RAF, Brigate Rosse) e quello nazionalista (IRA, OLP, ETA), la cialtroneria, allora come oggi, dei leader palestinesi. Tutti pezzi di storia e particolari che i dilettanti della politica nostrani preferiscono ignorare o, peggio, che non hanno mai saputo.

Per uno come Spielberg è una visione della politica e della storia sorprendentemente cupa e cinica, che rende abbastanza incomprensibili le polemiche che hanno investito Munich. Qua non si fa del “relativismo etico”, non si fa “apologia di terrorismo”, non si giustificano gli assassinii mirati. Neppure si fa del pacifismo. Al contrario, si prende pragmaticamente, anche se dolorosamente, atto del fatto che il mondo è una giungla dove vale la legge del più forte. La questione infatti non è tanto se sia morale o giusto, quanto piuttosto se sia utile uccidere il nemico (“Why should I cut my nails? They’ll only grow back again.”). Munich vorrebbe mostrare che così non si può che perpetuare la tragedia, ma ne viene fuori un quadro in cui la tragedia sembra cupamente inevitabile e, alla fine, l’unico che sembra aver capito come girano le cose è Ephraim, il cinico controllore del Mossad interpretato da un eccezionale Geoffrey Rush.
Inutile cercare la giustizia in questo mondo. Come diceva qualcuno, la Giustizia è appannaggio di Dio, privilegio dell’Uomo è la Vendetta.

You don’t want to share this world with us, then we don’t have to share this world with you.

Orgoglio e Pregiudizio

Friday, February 24th, 2006 by

Potevano un gruppo di squilibrate come il mio personale entourage perdersi questa bellezza di romanticismo britannico targato J. Austen? No, infatti ce lo siamo goduto. Niente scassazebedei in sala e tanto voglia di una storia d’altri tempi.
Non vi racconto i dettagli della storia che si riassume in: amore tormentato, controverso, scorbutico, sincero, tra un’orgogliosa bellezza femminile, Elizabeth, e un finto anaffettivo molto maschio, Mr. Darcy, dotato di quel tanto di pregiudizi che la nostra eroina si divertirà a demolire.
Chi ha letto il libro godrà di una versione dai dialoghi perfetti, sembra che in lingua originale sia un piccolo capolavoro linguistico. E questo di per sè é cosa già preziosa.
Ogni donna che si rispetti nella sua fase romantica avrà sognato di trovarsi nei panni di Elizabeth almeno una volta, certe volte è doveroso sognare uomini d’altri tempi, anche per apprezzare quelli che ci ritroviamo adesso. Ci si consola un po’ così.
Tutto quanto viene sapientemente mischiato con scene di ilare britannicità: perfette le isteriche sorelle e l’ansiogena mamma di lei, strepitoso l’imbranato amico di lui. Figura minore ma potente il padre dell’orgogliosa Elizabeth, merita la citazione finale.
Andate a vedere questa bellezza solo se siete disposte, una volta uscite dalla sala, a tenervi comunque l’anaffettivo maschio che avete al vostro fianco, Mr Darcy non esiste, non è detto che non sia un bene in fondo, tutto quel guardarsi e non sfiorarsi mai è stressante dopo un paio di ore per una ragazza del 2006!

Mr Bennet (alla figlia che si rifiuta di sposare un bigottissimo pretendente): “Vostra madre non vi vorrà più vedere se non sposate Mr Collins … ed io … non vi vorrò più vedere se lo sposate.”

Kung Fu Mahjong

Tuesday, February 21st, 2006 by

Probabilmente dovrei smetterla di vedere film cinesi in lingua originale. Anche se stavolta non è colpa della solita signorina.
Kung Fu Mahjong è una parodia demenziale della mania dei cinesi per il gioco d’azzardo e della “subcultura” del mondo dei giocatori di Mahjong (un gioco orientale di allucinante complessità). E’ un pò un peccato che non si riesca ad apprezzare fino in fondo senza conoscere il Mahjong e ignorando la maggior parte dei riferimenti culturali. Ma l’umorismo (o la scemenza, fate voi) dei cinesi non è certo così sottile da impedire anche a dei poveri occidentali di passare un paio d’ore ridendo come deficienti. Sia chiaro: è una solenne stronzata. Siamo più o meno dalle parti di Ku Fu? Dalla Sicilia con furore, per dire il livello. Ma in salsa cantonese, il che fa ancora più trash, se possibile. Insomma, va benissimo per una serata al cazzeggio con qualche amico, tanta birra e un cartone di pizza, dopo una bella sciata.

P.S.: mi si perdonerà se non ci metto la tradizionale citazione a questo post, ma ho qualche problemino con il cantonese. Non è mica facile come il mandarino, che credete?