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300

Monday, March 26th, 2007 by

Innanzi tutto, non aspettatevi un film puramente storico. Di sicuro prende origine da un fatto reale e segue la vicenda storicamente nota, ma la narrazione poco per volta lascia spazio a concessioni fantasiose e fantastiche; invenzioni narrative necessarie per creare una trama cinematograficamente vendibile, ed esagerazioni visive, grottesche e caricaturali, che non sono però fini a sè stesse: i personaggi mostruosi, sproporzionati o deformi, le scalate impossibili e l’esercito smisurato di Serse…le piogge di frecce che oscurano il sole….tutto ha una funzione metaforica che serve a sottolineare dei concetti, i più evidenti dei quali sono la mostruosità del tradimento, e ancor di più la smisurata potenza dell’esercito persiano a fronte dei 300 guerrieri spartani.
Ai puristi della storia verrà da storcere il naso vedendo certi…reparti dell’esercito di Serse; chi invece si reca al cinema consapevole di vedere una storia reale….fumettizzata, accetterà di buon grado queste “libertà”.
Per il resto, direi che è quasi scontato rilevare una fotografia da fumetto. Ogni fotogramma potrebbe stare tra 4 righe bianche su una pagina. I paesaggi sono sempre poco definiti, quello che conta sono i personaggi (o le masse di personaggi: la fiumana persiana o la compatta falange spartana, o…l’ammasso di cadaveri).
Le stesse luci sono fatte ad hoc per rendere l’effetto di china su carta, in certi casi…mi sovviene un controluce, all’inizio della marcia dei 300, quando arrivano ad un villaggio, che è veramente fumettistico, come del resto il lupo (grazie alle proporzioni caricaturali di cui sopra ed alle luci appunto) all’inizio del film.
Passiamo all’uso del colore (un dettaglio che mi colpisce sempre 😉 ): anche qui il colore può essere visto con una valenza narrativa: c’è il grigio della notte e dell’attesa….c’è il giallo oro della terra, dei campi di grano di Sparta…e c’è il porpora dei matelli degli spartani…e del sangue in battaglia.
Purtroppo devo riportare anche una nota negativa, e si tratta dei dialoghi, troppo made in usa. Se in certi casi le battute di Leonida fanno sorridere, colpiscono nel segno col loro..umorismo virile e guerriero, e le si possono accettare in virtù dello stile fumettistico e non sotrico del film, in certi casi alcune affermazioni rasentano però il ridicolo, quasi a livelli del mitico “stai sanguinando – no, non ne ho tempo” di Schwarzeneggeriana memoria (dal film: “Predator”). Ed anche i dialoghi pseuodopolitici della moglie e del consigliere Peròne, Pelòne, Teròne, non-ho-capito-il-nòme, sono un po’ troppo impostati…E nel complesso, la cosa più negativa dei dialoghi è il disaccordo tra affermazioni solenni, impostate in maniera quasi teatrale, e battute da action movie. Peccato.
Buona la regia, specialmente nei combattimenti, nei quali sembra di essere presi in prima persona, grazie anche all’uso di un montaggio concitato (come spesso avviene in situazioni simili). Piacevole anche l’alternzana di slow motion e rapide accelerazioni (memorabile e maestoso l’incedere di Leonida tra i persiani….rapido affondo…..slow motion per cattuare l’attimo….veloce ancora avanti…rallenta per fissare l’istante…di grande effetto, bravi).
Le musiche: buone, diciamo…da 7 più: in certi casi enfatizzano bene il momento, si sentono nelle ossa, soprattutto nel crescendo d’adrenalina che precede gli scontri.
Dieci invece alle coreografie di combattimento: dei balletti macabri, una danza mortale ed elegantissima.
Infine, certe immagini, nella loro esagerazione, nel loro dire più di quello che mostrano, sono PURO PIACERE PER GLI OCCHI.
Una delle inquadrature finali sui vincitori ormai sconfitti, ad esempio, sembra un dipinto neoclassico, sembra un quadro di Jacques-Louis David.
credo si sia capito che il mio giudizio finale è più che positivo…certo bisogna tener presente che non è un film puramente storico. Accettato questo dato di fatto, si può sprofondare nella poltroncina, e lasciarsi travolgere dalla potenza delle immagini e farsi infiammare dalla grandezza di Leonida.
E, come dice la locandina del film, “Preparatevi alla GLORIA“.

Torna col tuo scudo..o su di esso.

“Ma spartano (spart’ano) è quando tiri in su il tanga?” (Simone il Campione)

The Prestige

Tuesday, February 6th, 2007 by

Ovvero: stai guardando attentamente? locandina

L’incipit del film, riportato anche nella locandina, è una dichiarazione d’intenti palese da parte di Chris Nolan, uno degli autori-registi diventato “di culto” in pochissimo tempo negli ultimi anni. Anzi, diventato “di culto” da subito, fin dai tempi della sua prima apparizione dietro la macchina da presa, in combutta col fratello Jonathan Nolan, dietro le penne del soggetto e della sceneggiatura.
Uno dei film d’esordio, il loro, che fin da subito, e negli anni, ha mietuto sempre più fan, e che forse merita che ne parli più approfonditamente qui. Prossimamente.
Dopo una breve parentesi commerciale a cui ha partecipato solo Chris come regista (comunque degna di nota come si può leggere qui), ecco che i due tornano insieme, sempre dividendosi i compiti tra penna e macchina da presa (squadra che vince non si cambia), con la stessa identica voglia di stupire degli esordi, di giocare facendo carte false se necessario, di scombinare le carte del gioco, di ingannare.

Già, perché noi vogliamo essere ingannati, no? Tutto sommato, nella veste di cinefili-spettatori non possiamo negarlo, fa parte del gioco che è la stessa essenza del cinema.

Per dare una risposta apparentemente assurda ad una domanda incalzante, i fratelli Nolan confezionano uno dei film più eleganti, geniali e riusciti che mi sia capitato di vedere negli ultimi anni, sinuoso, ammaliante, enigmatico al punto giusto. L’argomento è uno dei più adatti allo scopo: il mondo della magia, o meglio dei giochi di prestigio, il cui scopo è appunto quello di ingannare i sensi e la mente degli spettatori.
La storia vede due prestigiatori che si muovono in una Londra di fine ottocento. Essi passano presto da una fortuita quanto infelice collaborazione, ad una sfida dapprima timida, e poi via via sempre più aperta ed incalzante, cattiva, rabbiosa e infine tragica.
Uno (eccezionale Christan Bale, nei panni di Alferd Borden) povero e felice, con famiglia, l’altro (Hugh Jackman, nelle vesti di Robert Angier) ricco ma triste e solo per colpa del primo; uno con un forte senso di sfida innato che lo porta a cacciarsi nei guai, uno più posato ma non per questo meno determinato. Ognuno dei due vive la propria ossessione in modo totale: quella di riuscire a stupire di più, di essere partecipi con la propria intera esistenza al grande spettacolo della magia, di riuscire a carpire i trucchi dell’altro, di riuscire a trovare il gioco perfetto, quello che non potrà mai essere svelato.
Perché la magia si compone di tre parti, come recita un maestosoo Michael Caine nei panni di Cutter, assistente di Angier, all’inizio e alla fine del film, e la parte che fa diventare davvero grande un numero di magia è quella finale… quella della spiegazione che non c’è.
Così mentre Borden inventa un gioco apparentemente inspiegabile e di successo, il “trasporto umano”, Angier cerca di carpirne i segreti, riuscendo infine a riprodurlo e migliorarlo, rendendolo a sua volta ancora più misterioso. La chiave di volta di tutto è rappresentata dal personaggio, storicamente esistito, di Nikola Tesla, scenziato genialoide ed enigmatico interpretato da David Bowie (e chi se non lui?).

Ben presto dal gioco si passa alla vita, all’amore e alla morte. Dal momento in cui ci scappa il morto (uno, due, cento mille, chi può dirlo?), il film diventa una cosa seria, si trasforma in un thriller ammaliante ed enigmatico, quanto di meglio (o di peggio, dipende dai gusti) il cinema può tirare fuori dal cilindro.
Al tutto questo si aggiungono una sceneggiatura volutamente fumosa, che è stata concepita appositamente per occultare (Memento docet) più che per rendere le cose chiare, con salti temporali e buchi così palesi e teatrali da non poter essere altro che voluti. Il filo temporale della vicenda è dettato dalla lettura che ciascuno dei due prestigiatori fa del diario e degli appunti segreti e criptati dell’altro. Una cosa abbastanza difficile da spiegare ma anche da seguire, nel film.

E mentre si avvicina la fine, il film comincia ad apparire per quello che è. Non è una storia, non è un thriller, è semplicemente una specie di gioco di prestigio. Man mano che i due alzano il tiro e la storia si complica, man mano che le loro vite vengono assorbite dalla loro ossessione, ecco che il gioco diventa evidente ai nostri occhi.
Esattamente un gioco in in tre fasi: presentazione, accadimento imprevisto, finale.

Niente alla fine è quello che sembra, e di fatto non c’è un limite invalicabile. Volendo nel grande gioco della magia, ci può entrare anche la morte. Perché nel gioco non c’è mai una fine estrema, ma sempre e solo la fine di un semplice trucco che serve come punto di appoggio per presentarne uno ancora più grande e stupefacente.

“Alfred Borden, lei è stato condannato ad essere appeso per il collo, finchè morte non sopraggiunga. Ha un’ultima dichiarazione da fare?”
“Sì… abracadabra!”

Alla fine, come qualsiasi thriller che si rispetti, i trucchi saranno svelati e le domande avranno una risposta. Non tutte, vista la quantità di domande che si accavallano comunque sui forum e sui blog a tema. Un finale perfetto in ogni caso, con i giusti colpi di scena in sequenza.
Ma noi avremo davvero guardato con attenzione?
Nel momento in cui pensiamo di poter dare una risposta, ecco il vero colpo di scena.
Un colpo di scena che non è nulla di nuovo, già lo raccomandava Hitchcock, perché, diceva, è l’unico modo per non distruggere del tutto la magia e per permette allo spettatore di portarsene a casa un pezzettino.

A quel punto i Nolan si inchinano al loro pubblico, sorridono pensando che ce lo avevano detto fin dall’inizio ma per tutto il tempo abbiamo fatto finta di non saperlo, e poi fanno svanire il loro mondo nel nulla. Un finale così sottilmente geniale non mi capitava di vederlo da parecchio tempo, davvero… Il prestigio è riuscito ed è ovvio che ci piace così.
Lo sapevamo fin dall’inizio, leggendo sulla locandina “Stai guardando attentamente?”.

“Voi avete cercato di capire il trucco, ma non riuscite a trovarlo perchè in realtà non lo avete cercato per davvero. Per tutto il tempo avete fatto finta di guardare, perchè in realtà voi non volete scopirire il segreto, volete essere ingannati…”

Casino Royale

Saturday, January 27th, 2007 by

L’avevo anticipato in altro blog, lo ribadisco qui: James Bond, famigliarmente da me chiamato James, biondo non può essere, tanto per cominciare.
Inizierò però con quello che del film m’è piaciuto molto: musica innanzitutto. Come sempre la colonna sonora è di tutto rispetto, il tema è lo stesso da anni, ma ogni volta riesce ad essere arrangiato in maniera splendida, Chris Cornell ha fatto un ottimo brano, carico e intenso.
La seconda cosa molto ben fatta è la scena iniziale in bianco e nero, la nascita del nuovo 007, fosse per me dovevano girare tutto il film così.
Terza cosa, per maniaci della grafica, i titoli di testa, che trovate qui, mirini che diventano ruote di roulette, semi della carte da gioco che diventano mine e proiettili, una grande grafica (che si perde nel video di YouTube, bassa qualità, fidatevi). Roba da deviati, perdonatemi.
Veniamo al punto cruciale, Daniel Craig, non posso negare che l’uomo abbia i suoi perchè, tra cui un invidiabile muscolatura, in totale esibizione in una scena parecchio violenta, ha occhi di ghiaccio e freddezza totale, una spia, non dico no, però non è Bond. Gli manca il lato cazzaro di Connery e il lato problematico di Brosnam, non è ironico, non sorride quasi mai, anche se devo concedergli un paio di battute divertenti. E’ una spia meno solare, più dura, decisamente violenta, seppur con un cuore.
Uno come Craig te lo aspetti come il cattivo di un’avventura di Bond in definitiva, un cattivo sempre materassabile, sia chiaro. I soliti informati mi hanno raccontato che questo episodio vuole essere la ri-nascita di Bond, uno 007 con il vero carattere descritto da Fleming nei suoi romanzi, che ammetto di non conoscere, duro e meno esperto dei suoi predecessori su pellicola, infatti per esempio non indossa ancora abiti su misura e non sa decidere se vuole il vodka Martini agitato o mescolato. Forse sono io ad avere ormai una mia versione distorta di James Bond, però è una versione che gradisco.
Concludendo: un buon action movie se volete distrarvi, ma non doubleoseven!

Perchè non vi parlo delle bond girls? perchè se han voglia lo faranno i maschietti del blog, le fanciulle sono notevoli, ma al solito la mia preferita resta lei, fantastica.

Vesper Lynd: Avrò qualche problema con lei, Mr. Bond?
James Bond: No, non si preoccupi, non è il mio tipo.
Vesper Lynd: Intelligente?
James Bond: Single.

An Inconvenient Truth

Friday, January 5th, 2007 by

Due dei più grandi problemi della scienza moderna sono la scarsa capacità di comunicare con il pubblico e la suscettibilità a farsi manipolare dalla politica. Sono due problemi strettamente collegati e potenzialmente molto pericolosi. Hanno creato nodi politico-sociali-scientifici praticamente irresolubili su questioni grandi e piccole (ma di sicuro impatto emotivo) della ricerca scientifica attuale: elettrosmog, uranio impoverito, cellule staminali e biotecnologie, evoluzione biologica e, per l’appunto, cambiamenti climatici. Il tentativo di superare questi problemi, informando in modo corretto e relativamente rigorose il pubblico, e di rompere posizioni che sono ormai diventate trincee ideologiche è quindi molto importante e degno di attenzione.
E qui arriva Mr. Al Gore, senatore ed ex-vicepresidente degli Stati Uniti, bda tempo impegnato su questioni cosidette ambientali, a prendere per le corna una delle questioni più politicizzate degli ultimi 20 anni. Che sia un modo per lanciare un attacco trasversale all’amministrazione Bush non c’è da dubitarne, ma questo non vuol dire che non si possa fare lo stesso un lavoro onesto e bilanciato (d’altra parte per smentire un bugiardo patologico basta non allontanarsi troppo dalla verità :)).

Come testimoniato dagli esperti, Gore se la cava bene e costruisce, da bravo avvocato, un buon caso con solide prove e testimoni attendibili. Inframmezzando la discussione scientifica con elementi della sua vita privata (raccontati con voce pensosa e compresa) e confermando la sua fama di uomo politico più prolisso e letale del mondo dopo Castro e Prodi, riesce quasi a sfuggire alla facile accusa di cercare di sfruttare la polemica per cercare di tornare sulla cima della politica americana. Scivola su alcuni facili colpi a effetto (SARS??? Come on!), ma evita la trappola del catastrofismo e, per essere un politico, dimostra di conoscere la scienza e capire di cosa sta parlando, cosa molto rara.

Se si chiude con una idea molto più chiara e precisa di quello che sta succedendo a questo pianeta, non si può però non vedere che il problema principale è proprio lui, Al Gore. Perchè quest’uomo non è un politico qualunque, ma è uno che per ben otto anni è stato il secondo uomo più potente del pianeta.
E allora, Al, dieci e lode per l’impegno, ma tra il 1993 e il 2001 che stavi facendo?

If we do the right thing, then we are going to create a lot of wealth and we are going to create a lot of jobs, because doing the right thing moves us forward.

Un’ottima annata

Friday, December 29th, 2006 by

Ehi Gin, che ne dici se stasera ci facciamo Russel Crowe?
Che avreste risposto? Io non sapendo nemmeno cosa m’aspettasse ho detto sì con l’ultima fetta di panettone in mano, il nome valeva il rischio di un film-sola, quindi un martedì sera qualsiasi ci siamo viste un filmetto senza pretese d’esser capolavoro ma godibile.
Russel Crowe (Max) è decisamente un bel punto di partenza per una storia semplice, divertente e romantica; di comune accordo con l’amica che mi accompagnava ho deciso che occhi espressivi come quelli di Crowe se ne vedono pochi in giro, certo pure tutto il resto del sudetto ha il suo bel perchè. A dimostrazione della cosa la sala era gremita di fanciulle o coppie la cui parte maschile era stata trascinata lì a forza, e parlo delle coppie etero naturalmente.
Ma anche gli ometti avranno il loro bel vedere inseguendo una molto affascinante Marion Cotillard (Fanny) sulla sua bicicletta e ascoltandola parlare con un adorabile accento francese.
La storia è tutta giocata nella splendida Provenza, tra vigneti spettacolarizzati, governanti appassionate, eredità inaspettate e forse immeritate, vignaioli burberi e misteriosi, vini imbevili o eccellenti, scontri tra parenti, rampanti broker londinesi dal ricordo molto facile, buoni sentimenti, innamoramenti repentini nell’eterno scontro tra Britannici e Francesi. Forse una trama prevedibile, ma spezzata da umoristici e sinceri siparietti comici.
Appunto speciale per A. Finney, strepitoso come sempre nella parte dello zio Henry. Le sue chiacchiere a proposito di vino con il nipote ragazzino m’ha fatto venire un certo magone. E son bei ricordi da tenere.

“Una volta che trovi qualcosa di buono, Max, devi averne cura. Devi lasciare che cresca.” Henry

Qui trovate un’ottima riflessione su alcune scelte del regista che permeano tutta la pellicola, contiene spoler vi avviso, però è interessante.

Inutile aggiungere che voterei anche subito una modifica costituzionale del tipo: “Al cinema è vietato parlare durante la proiezione (se volete parlare andate a vedere Olè o Vacanze a NY). La violazione del suddetto divieto provocherà l’allontanamento forzato e immediato dalla sala”.
Lo so, è solo una vana speranza, ma tutte io me le trovo le galline starnazzanti al cinema?