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Bruce Willis « La Fabbrica dei Sogni
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Posts Tagged ‘Bruce Willis’

RED

Saturday, November 27th, 2010 by

Robsom: “Sento il bisogno di prendere a sberle qualcuno!
Io: “Andiamo al cinema, si vede RED, vedrai che aiuta.

E’ andata più o meno così che siamo finiti a vedere questo “sparatutto” tratto da un fumetto. Non ho mai sfogliato il fumetto, quindi non so quanto sia fedele, ma adesso son curiosa per cui lo verificherò.
Il film di per sè é una piacevole distrazione del mondo reale, una storia di ex CIA, i RED (retired extremely dangerous) che cercano di capire perchè qualcuno li vuole tutti morti. Un film ben fatto considerato il genere ormai molto sfruttato, con qualche effetto fumettesco, per esempio le cartoline introduzione delle diverse scene, molte piacevoli esagerazioni, parecchie battute ad effetto e un cast:

  • Bruce Willis, senza canotta d’ordinanza, ma sempre grandioso, quando fa l’innamorato é cosi “tenero”
  • John Malkovic, un pazzo meraviglioso, va in giro con un maialino rosa portapigiama
  • Morgan Freeman, vestito da generalissimo africano è spettacolare
  • Mary-Louise Parker, carina e svanita da morire, ovviamente finisce nei guai
  • Helen Mirren, la adoro, con quel suo modo così britannico di essere, immaginatevela in abito da sera lungo, bianco e … anfibi!
  • Karl Urban, direttamente da Star Trek, assai materassabile, anche quando Willis gli “riarreda” l’ufficio (e la faccia) a modo suo.
  • Come già detto: uno sparatutto ben fatto, potete aspettarlo in dvd naturalmente, ma se dovete scaricare una giornata pesante e non avete voglia di andare in palestra il cinema é li che vi aspetta.

    Marvin Boggs: Why are you trying to kill me?
    Frank Moses: Look, why would I be trying to kill you?
    Marvin Boggs: Because last time we met, I tried to kill you.
    Frank Moses: That was a long time ago.
    Marvin Boggs: Some people hold on to things like that.

    Pulp Fiction

    Wednesday, July 18th, 2007 by

    Non sono certo io che devo mettermi a fare la recensione o gli elogi di un film che tutti e quattro i frequentatori di questo blog conoscono quasi a memoria. Ma questa visione è stata speciale. Prima di tutto perchè si trattava della versione americana non censurata (Pulp Fiction ha un mare di versioni, censurate e non censurate: quella americana non censurata ha almeno una scena in più rispetto a quella italiana non censurata. Non chiedetemi perchè, le ragioni dei censori, nonchè la loro stessa esistenza, vanno al di là delle mie capacità di comprensione). Poi perchè questa visione si è svolta in questo fantastico anfiteatro all’aperto. Il tempio adatto per un’orda di cultori e fans venuti ad adorare San Quintino, che quando è comparso Harvey Keitel e ha detto: I’m Winston Wolfe. I solve problems. sono scoppiati in un boato che l’hanno sentito fino sulle Grandi Pianure.

    Che dire? Pulp Fiction è come tutti i (pochi) film di Tarantino una summa della (sotto)cultura pop americana, e quindi, ormai, mondiale. E’ il prodotto di qualcuno che ha passato buona parte della sua esistenza a lavorare in un videostore guardando tutto ciò su cui riusciva a mettere le mani. E che, allo stesso tempo (e forse anche per questo), è anche parecchio, ma parecchio, fuori di testa. Ne vengono fuori questi film che sembrano un frullato di interi generi cinematografici in cui tutto è esasperato ed eccessivo, la violenza verbale e fisica è così esagerata che nemmeno fa impressione e le storie così surreali che hanno persino un loro senso. Insieme a colonne sonore da paura e un montaggio delle scene che sembra fatto con un generatore di numeri casuali. Ma per far funzionare un tale casino non basta essere un regista coi controcazzi. Bisogna anche essere un fottuto genio.

    Jules: Whoa, whoa, whoa, whoa… stop right there. Eatin’ a bitch out, and givin’ a bitch a foot massage ain’t even the same fuckin’ thing.
    Vincent: It’s not. It’s the same ballpark.
    Jules: Ain’t no fuckin’ ballpark neither. Now look, maybe your method of massage differs from mine, but, you know, touchin’ his wife’s feet, and stickin’ your tongue in her Holiest of Holies, ain’t the same fuckin’ ballpark, it ain’t the same league, it ain’t even the same fuckin’ sport. Look, foot massages don’t mean shit.
    Vincent: Have you ever given a foot massage?
    Jules: Don’t be tellin’ me about foot massages. I’m the foot fuckin’ master.
    Vincent: Given a lot of ’em?
    Jules: Shit yeah. I got my technique down and everything, I don’t be ticklin’ or nothin’.
    Vincent: Would you give a guy a foot massage?
    Jules: Fuck you.
    Vincent: You give them a lot?
    Jules: Fuck you.
    Vincent: You know, I’m getting kinda tired. I could use a foot massage myself.
    Jules: Man, you best back off, I’m gittin’ a little pissed here.
    Jules: Look, just because I don’t be givin’ no man a foot massage don’t make it right for Marsellus to throw Antwan into a glass motherfuckin’ house fuckin’ up the way the nigger talks. Motherfucker do that shit to me, he better paralyze my ass cuz I’ll kill the motherfucker, know what I’m sayin’?
    Vincent: I ain’t saying it’s right. But you’re saying a foot massage don’t mean nothing, and I’m saying it does. Now look, I’ve given a million ladies a million foot massages, and they all meant something. We act like they don’t, but they do, and that’s what’s so fucking cool about them. There’s a sensuous thing going on where you don’t talk about it, but you know it, she knows it, fucking Marsellus knew it, and Antwan should have fucking better known better. I mean, that’s his fucking wife, man. He can’t be expected to have a sense of humor about that shit. You know what I’m saying?
    Jules: That’s an interesting point. Come on, let’s get into character.

    e il prossimo appuntamento a Red Rocks è The Shining 😉

    Lucky Number Slevin

    Tuesday, September 12th, 2006 by

    Riapriamo questo blog cinefilo dopo la dovuta pausa estiva.
    Si riparte discretamente con un action movie.
    Slevin è un film ben girato, di cui non si può dire molto senza rischiare lo spoiler, non voglio rischiare ma posso darvi lo stesso un paio di motivi per vederlo e passare quelle due orette in relax divertito e comodo.
    Il tutto inizia con una corsa di cavalli, un cavallo che doveva essere fortunato, dei soldi persi, morti crudeli e vendetta finale con intreccio di destini raccontato spesso a colpi di flashback.
    Forse non sarà un capolavoro alla stregua di Pulp Fiction a cui fa ripetutamente richiamo, se andate a vederlo pensate all’orologio da polso nel capolavoro di Tarantino, alla figura dell’imperturbabile B. Willis e al tono volutamente sarcastico nelle scene violente, tuttavia la pellicola corre piacevole. La trama regge anche se un paio di banalità potevamo esser evitate, il doppiaggio è perfino decente, i protagonisti sono una garanzia, dal glaciale rabbino, sir Ben Kingsley, all’incantevole sorpresa di L. Liu, passando per M. Freeman che resta una bella faccia per la parte del cattivo. Il protagonista, Slevin, ha qualcosa di diabolico e “instabile”, non m’ha convinto dalla prima inquadratura. Verificheremo nei prossimi film se il giovanotto, J. Harnett, calato nei suoi panni è un bravo interprete o se quella certa espressione indecifrabile è l’unica che possiede.

    Resta il solito rammarico per il titolo impropriamente tradotto. Non mi abituerò e arrenderò mai, sappiatelo.

    Lindsey (Lucy Liu)_ “Sono bassa per la mia altezza!”

    Sin City

    Tuesday, June 14th, 2005 by

    In genere posso bullarmi di avere un intuito abbastanza buono per i film e raramente mi sbaglio sulla prima impressione (o magari più che intuito è semplice culo). Quando ho visto il trailer di Sin City ho pensato: “o è una cagata pazzesca (fantozzianamente parlando, è chiaro) oppure è un figata assurda”. La seconda che hai detto, per fortuna.

    Al di là del fatto che la storia possa o meno piacere (è così estremamente e gratuitamente violento da dare persino fastidio all’inizio), è di sicuro uno dei film più innovativi e creativi degli ultimi anni. Miscela in modo incredibile le tecniche digitali con un uso magistrale del bianco/nero e soprattutto del colore (anzi delle macchie di colore) e riesce a rendere alla perfezione il mondo di china creato da Frank Miller (il Maestro che ha resuscitato Batman, mica cazzi), a dare l’impressione del fumetto senza diventare un cartone animato. La trama è così fedele all’originale che i fumetti possono quasi essere considerati la storyboard del film (l’unica dolorosa assenza: il topless di Jessica Alba, sigh sigh!) e per chi ama il tratto e il disegno di Miller è una vera goduria per gli occhi.

    Con un cast d’eccezione per le mani, tra cui meritano una citazione speciale un redivivo Mickey Rourke, un inquietante Elijah Wood e una Jessica Alba così bella da far svenire, Rodriguez (con lo zampino di Tarantino, bizzarramente accreditato come special guest director) si sbizzarisce a intrecciare tre delle storie di Miller (The Hard Goodbye, The Big Fat Kill, That Yellow Bastard più una citazione da The Customer is Always Right). Un mondo perduto di killer e prostitute, poliziotti corrotti, potenti e ricchi psicopatici, spogliarelliste e maniaci, perchè se svolti l’angolo giusto a Sin City puoi trovare di tutto. Una Città del Peccato dove tutti sono “cattivi”, soprattutto i “buoni”, e dove non esiste speranza o possibilità di perdono. E dove il riscatto può passare improbabilmente attraverso una puttana che ha l’odore che dovrebbero avere gli angeli e per cui valga la pena morire, per cui valga la pena uccidere, per cui valga la pena andare all’inferno.
    Amen.

    An old man dies. A young girl lives. Fair trade.