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lucifero « La Fabbrica dei Sogni
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L’Esorcismo di Emily Rose

Sunday, February 22nd, 2009 by

L’Esorcismo di Emily Rose, dunque.
Da dove inizio? dal fatto che mi avevano avvisato, prima di guardarlo?
In effetti mi avevano preparato, dicendomi che “prende” parecchio, ed è vero, anche se ha un picco di suspance che poi sfuma colpevolmente: un crescendo di pathos continuo, che però tocca il suo picco prima della fine, sfruttando poi la curiosità dello spettatore (ma come andrà a finire?!) per tenerlo incollato fino alla fine, anche dopo che la suspance ha raggiunto il suo climax per poi sfumare.
Ma andiamo con ordine. Per prima cosa, la trama (cerco di non spoilerare, tranquilli). Nonostante il tema controverso (il sovrannaturale, le possessioni demoniache), la trama cerca sempre di non sfociare nel surreale, ma si tiene nel limbo del “potrebbe”, sfruttando un meccaninsmo intelligente: molte delle scene della vita della protagonista, narrate in flashback, sono presentate prima nell’ottica di una vera e propria possessione, poi la medesima situazione è rinarrata dal punto di vista medico scientifico.
Scelta narrativa interessante (il film “parla” allo spettatore, dicendo: “amico, non ti racconto una storia di superstizioni vendendotele per assolutamente vere, ma ti parlo del POTREBBE”), ma a tratti forzata, soprattutto quando si tirano fuoi spiegazioni (para)scientifiche più surreali della possessione stessa. E alcune trovate narrative sono, ahime, prevedibili, “telefonate” come un passaggio in orizzontale a metà campo.
Parlando del ritmo, c’è da fare un distinguo: il processo è incalzante (come ci si aspetta che sia), ma tutti gli altri dialoghi al di fuori dall’aula hanno un ritmo lento, che permette allo spettatore di ponderare ogni singola parola. Ma nonostante la lentezza dei dialoghi, il ritmo narrativo complessimo è rapido, per lo meno fino alla scena clou, dopo la quale, come ho detto, si estingue parte del pathos, ma non dell’interesse della trama.
La regia non colpisce particolarmente, ma è comunque ben studiata. Porta a termine il compitino nelle scene di puro dialogo, mentre focalizza abilmente l’attenzione sui dettagli terribili quando la situazione lo richiede.
Non geniale, non originale, ma estremamente efficace l’uso di elementi classici come porte scricchiolanti, rumori nel buio, movimenti inspiegabili. Queste cose, con la loro semplicità vanno a toccare tasti antichi all’interno dello spettatore, facendo venir voglia di fare il segno della croce prima d’andare a letto; ci sono poi scene che ti incollano letteralmente allo schermo: quando arriviamo al famigerato climax emotivo, si è proprio preda della pellicola, lo spettatore stesso è incollato allo schermo, ipnotizzato, incapacitato a distogliere lo sguardo, come se fosse a sua volta “posseduto” dal film.
Per fare capire la situazione, io mi stavo guardando il film sorseggiando un whisky, che contavo di diluire nell’arco dell’ora e cinquanta di film. Dopo la famigerata scena madre, ho preso il bicchiere ed il dito e mezzo rimasto, e…glom, giù in un sorso come acqua fresca.
E ora, mi sa che scendendo la scala per andare a letto, accenderò tutte le luci.
Beh, non per paura del Maligno, ma per evitare di fare le scale di faccia, no? no…..? ok..forse non solo per non rischiar l’osso del collo sui gradini………….
Infine, una cosa che forse non tutti sanno: che cioè, questo film è tratto da una storia vera.
ps: spero di non svegliarmi alle 3.00am……..
buona notte