Ovvero: stai guardando attentamente?
L’incipit del film, riportato anche nella locandina, è una dichiarazione d’intenti palese da parte di Chris Nolan, uno degli autori-registi diventato “di culto” in pochissimo tempo negli ultimi anni. Anzi, diventato “di culto” da subito, fin dai tempi della sua prima apparizione dietro la macchina da presa, in combutta col fratello Jonathan Nolan, dietro le penne del soggetto e della sceneggiatura.
Uno dei film d’esordio, il loro, che fin da subito, e negli anni, ha mietuto sempre più fan, e che forse merita che ne parli più approfonditamente qui. Prossimamente.
Dopo una breve parentesi commerciale a cui ha partecipato solo Chris come regista (comunque degna di nota come si può leggere qui), ecco che i due tornano insieme, sempre dividendosi i compiti tra penna e macchina da presa (squadra che vince non si cambia), con la stessa identica voglia di stupire degli esordi, di giocare facendo carte false se necessario, di scombinare le carte del gioco, di ingannare.
Già, perché noi vogliamo essere ingannati, no? Tutto sommato, nella veste di cinefili-spettatori non possiamo negarlo, fa parte del gioco che è la stessa essenza del cinema.
Per dare una risposta apparentemente assurda ad una domanda incalzante, i fratelli Nolan confezionano uno dei film più eleganti, geniali e riusciti che mi sia capitato di vedere negli ultimi anni, sinuoso, ammaliante, enigmatico al punto giusto. L’argomento è uno dei più adatti allo scopo: il mondo della magia, o meglio dei giochi di prestigio, il cui scopo è appunto quello di ingannare i sensi e la mente degli spettatori.
La storia vede due prestigiatori che si muovono in una Londra di fine ottocento. Essi passano presto da una fortuita quanto infelice collaborazione, ad una sfida dapprima timida, e poi via via sempre più aperta ed incalzante, cattiva, rabbiosa e infine tragica.
Uno (eccezionale Christan Bale, nei panni di Alferd Borden) povero e felice, con famiglia, l’altro (Hugh Jackman, nelle vesti di Robert Angier) ricco ma triste e solo per colpa del primo; uno con un forte senso di sfida innato che lo porta a cacciarsi nei guai, uno più posato ma non per questo meno determinato. Ognuno dei due vive la propria ossessione in modo totale: quella di riuscire a stupire di più, di essere partecipi con la propria intera esistenza al grande spettacolo della magia, di riuscire a carpire i trucchi dell’altro, di riuscire a trovare il gioco perfetto, quello che non potrà mai essere svelato.
Perché la magia si compone di tre parti, come recita un maestosoo Michael Caine nei panni di Cutter, assistente di Angier, all’inizio e alla fine del film, e la parte che fa diventare davvero grande un numero di magia è quella finale… quella della spiegazione che non c’è.
Così mentre Borden inventa un gioco apparentemente inspiegabile e di successo, il “trasporto umano”, Angier cerca di carpirne i segreti, riuscendo infine a riprodurlo e migliorarlo, rendendolo a sua volta ancora più misterioso. La chiave di volta di tutto è rappresentata dal personaggio, storicamente esistito, di Nikola Tesla, scenziato genialoide ed enigmatico interpretato da David Bowie (e chi se non lui?).
Ben presto dal gioco si passa alla vita, all’amore e alla morte. Dal momento in cui ci scappa il morto (uno, due, cento mille, chi può dirlo?), il film diventa una cosa seria, si trasforma in un thriller ammaliante ed enigmatico, quanto di meglio (o di peggio, dipende dai gusti) il cinema può tirare fuori dal cilindro.
Al tutto questo si aggiungono una sceneggiatura volutamente fumosa, che è stata concepita appositamente per occultare (Memento docet) più che per rendere le cose chiare, con salti temporali e buchi così palesi e teatrali da non poter essere altro che voluti. Il filo temporale della vicenda è dettato dalla lettura che ciascuno dei due prestigiatori fa del diario e degli appunti segreti e criptati dell’altro. Una cosa abbastanza difficile da spiegare ma anche da seguire, nel film.
E mentre si avvicina la fine, il film comincia ad apparire per quello che è. Non è una storia, non è un thriller, è semplicemente una specie di gioco di prestigio. Man mano che i due alzano il tiro e la storia si complica, man mano che le loro vite vengono assorbite dalla loro ossessione, ecco che il gioco diventa evidente ai nostri occhi.
Esattamente un gioco in in tre fasi: presentazione, accadimento imprevisto, finale.
Niente alla fine è quello che sembra, e di fatto non c’è un limite invalicabile. Volendo nel grande gioco della magia, ci può entrare anche la morte. Perché nel gioco non c’è mai una fine estrema, ma sempre e solo la fine di un semplice trucco che serve come punto di appoggio per presentarne uno ancora più grande e stupefacente.
“Alfred Borden, lei è stato condannato ad essere appeso per il collo, finchè morte non sopraggiunga. Ha un’ultima dichiarazione da fare?”
“Sì… abracadabra!”
Alla fine, come qualsiasi thriller che si rispetti, i trucchi saranno svelati e le domande avranno una risposta. Non tutte, vista la quantità di domande che si accavallano comunque sui forum e sui blog a tema. Un finale perfetto in ogni caso, con i giusti colpi di scena in sequenza.
Ma noi avremo davvero guardato con attenzione?
Nel momento in cui pensiamo di poter dare una risposta, ecco il vero colpo di scena.
Un colpo di scena che non è nulla di nuovo, già lo raccomandava Hitchcock, perché, diceva, è l’unico modo per non distruggere del tutto la magia e per permette allo spettatore di portarsene a casa un pezzettino.
A quel punto i Nolan si inchinano al loro pubblico, sorridono pensando che ce lo avevano detto fin dall’inizio ma per tutto il tempo abbiamo fatto finta di non saperlo, e poi fanno svanire il loro mondo nel nulla. Un finale così sottilmente geniale non mi capitava di vederlo da parecchio tempo, davvero… Il prestigio è riuscito ed è ovvio che ci piace così.
Lo sapevamo fin dall’inizio, leggendo sulla locandina “Stai guardando attentamente?”.
“Voi avete cercato di capire il trucco, ma non riuscite a trovarlo perchè in realtà non lo avete cercato per davvero. Per tutto il tempo avete fatto finta di guardare, perchè in realtà voi non volete scopirire il segreto, volete essere ingannati…”