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Marc Rothemund « La Fabbrica dei Sogni
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Sophie Scholl – La Rosa Bianca

Saturday, January 21st, 2006 by

Riporto qui una recensione scritta dall’amico Blast!:

Sophie Scholl: locandina
SCHEDA: Titolo: Sophie Scholl – Die letzten Tage
Regia: Marc Rothemund
Produzione: Germania
Durata: 117 minuti

TRAMA: E’ la storia, quasi in forma di cronaca, degli ultimi giorni di vita di Sophie Scholl, una delle più conosciute (almeno in patria) eroine della resistenza al nazismo, dal momento dell’arresto, avvenuto a causa di un lancio di volantini nel cortile dell’università, e fino alla condanna a morte avvenuta appena 6 giorni dopo l’arresto. Il film è candidato agli Oscar nella categoria “miglior film straniero”.

COMMENTO: La Germania torna a pensare ad una delle pagine più dolorose della propria storia recente. Lo fa, questa volta, con un film che non lascia adito a dubbi, come poteva invece accadere con il recente “La Caduta”. Il film è quasi gelido nella struttura e nella implacabile scansione del tempo che passa. All’inizio vediamo poco o nulla degli antefatti, se non una misera riunione dei componenti de “La Rosa Bianca”, un gruppo clandestino che nel 1943 provocò parecchio scompiglio presso le autorità naziste, distribuendo 5 volantini per posta o abbandonandoli in luoghi pubblici, e criticando il governo nazista (inneggiando alla decandenza e abbattendo il morale del popolo tedesco secondo le autorità).
Vediamo i componenti, tutti studenti, che stampano l’ultimo loro volantino, e decidono di lasciarne una parte presso l’università di Monaco. Sophie e suo fratello Hans decidono di assumersi questo rischio.
In particolare una avventatezza di Sophie, che decide di lanciare dei volantini da una balconata nell’atrio dell’università sarà la causa della cattura da parte di uno zelante bidello. Un lancio di fogli bianchi, sicuramente un gesto liberatorio in un mondo dove è doveroso stare attenti a ciò che si pensa, può essere sufficiente per condannare qualcuno a morte?
E’ successo, e succede ancora così in molte parti della nostra disgraziata terra.
Il film, che quasi nulla racconta degli antefatti e di quello che è il mondo “là fuori”, analizza invece in modo chirurgico tutte le fasi della condanna: gli interrogatori da parte dell’ispettore Mohr, la carcerazione e le confidenze con una compagna di cella accusata di essere una comunista, il processo-farsa, la condanna a morte.
Il tutto ha però uno scopo preciso. Basta con i nazisti spietati portatori del male assoluto. Il film ha lo scopo preciso di mostrare come tutto il sistema fosse sostenuto principalmente dalla paura e non dalla reale adesione alle idee. Tutti i “cattivi” del film hanno un’inaspettato lato umano, spesso nascosto per bene, ma che il film con leggeri tratteggi riesce a far uscire allo scoperto. L’ispettore Mohr che all’inizio sembra inossidabile, a poco a poco si scioglie sotto gli sguardi di sfida di Sophie e a causa della sicurezza con cui lei porta avanti le sue idee di libertà. Mohr nasconde un lato umano insospettabile, che esce ancora di più allo scoperto quando si lascia andare a confessioni che riguardano la sua vita privata, con le sue paure ed incertezze sul futuro della sua famiglia. Il suo tentativo di autoconvincimento che le idee naziste sono in fondo giuste e che Sophie è in torto, nascondono la debolezza di un uomo che ha paura. Sarà il personaggio che, pur restando nella schiera dei cattivi, alla fine ne uscirà più redento.
Ma anche i personaggi minori nasconodono debolezze. Più di uno dimostra, anche solo con uno sguardo, di serbare disaccordo con le idee naziste, come succede per alcuni auditori del processo a “porte aperte” di Sophie e suo fratello, tutti soldati nazisti pronti ad applaudire o scandalizzarsi a comando, ma non tutti certi di quello che fanno; altri si sentono evidentemente imbarazzati per la codardia dimostrata in certe occasioni, soprattutto se confrontata col coraggio dell’eroina (è il caso dell’avvocato-fantoccio di Sophie il cui compito al processo è quello di stare zitto, ma con una evidente paura e ben celata voglia di parlare); infine il caso più eclatante, quello del giudice (un ex-funzionario comunista convertito alle idee naziste) che condanna i prigionieri, ed ha una paura folle di tutto e tutti, soprattutto che una sua mancanza di zelo possa a sua volta farlo segnalare presso le autorità, e quanto più ha paura della fermezza e convinzione delle idee dei prigionieri, tanto più la sfoga con grida ed improperi nei confronti dei condannati. La sua non è crudeltà o cattiveria, è terrore, una cosa ben diversa e più potente.
Alla fine il film pone tutto sotto un’ottica ben diversa da quella a cui siamo stati sempre abituati, perchè ci dice che quel regime (ma potrebbe riferirsi a qualsiasi altro regime totalitario), è stato così solido e distruttivo per anni principalmente non per la larga adesione alle idee da parte dei vari “strati” della società,che forse c’era totalmente solo agli esordi ed è venuta col tempo a mancare, ma più per una imposizione di uno stato di terrore. Fa davvero paura ripensarci, pensare che una condizione simile possa rendere stabile e duratura una follia evidente come quella del nazismo. Eppure è successo, la storia ce lo racconta e non solo per il nazismo. Quello che forse dovrebbe preoccupare ancora di più è che una condizione simile di terrore potrebbe rendere reali e stabili altre follie, anche in futuro….