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Michelle Yeoh « La Fabbrica dei Sogni
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Crouching Tiger, Hidden Dragon

Thursday, September 22nd, 2005 by

Sono stato tentato di usare il titolo originale di questo film, Wo hu cang long, ma poi nessuno avrebbe capito di che stavo parlando. Il motivo sta sempre nella ostinazione della già citata signorina, che continua a pensare che se un film è parlato in un mandarino semplice si capisce benissimo. C’è da dire che se i nomi dei personaggi fossero uguali nell’audio e nei sottotitoli la vita sarebbe più semplice.

Ad ogni modo, il celebratissimo La Tigre e il Dragone è stata un pò una mezza delusione. E’ un film ben fatto, molto curato nelle luci e nei colori (un trademark di Ang Lee). Gli attori, per quanto difficile mi venga giudicare l’espressività dei cinesi, sono bravi, sia Yun-Fat Chow che Michelle Yeoh, molto maturata come attrice dai tempi di 007, e naturalmente la splendida Zhang Ziyi. L’idea di dare un tocco femminista alla storia è pure abbastanza originale per un film di arti marziali. Il problema sta altrove.

Di solito in film di questo tipo, la storia è solamente un pretesto per mostrare spettacolari scene di combattimento. E, di solito, si tratta di scene al limite della credibilità. In tutti i film è richiesta una certa sospensione della credulità dello spettatore (se ne è già parlato) e, visto che nell’immaginario popolare i maestri di arti marziali hanno capacità quasi sovrumane, nei film di arti marziali la soglia di verosomiglianza è particolarmente bassa. Il problema della Tigre e il Dragone sta nel fatto che questa soglia è praticamente sparita. I combattimenti sono irreali danze nell’aria. Splendidamente coreografati (non per niente è lo stesso coreografo di Matrix), ma assolutamente impossibili. Perlomeno in questo universo. Che volendo potrebbe anche essere visto come una rappresentazione artistica, estetica, del kung-fu, se fosse supportato da una storia che giustificasse la dimensione fantastica, da fiaba di arti marziali. Ma non è così, ed è un pò un peccato.

The things we touch have no permanence. My master would say: there is nothing we can hold onto in this world. Only by letting go can we truly possess what is real.