Warning: "continue" targeting switch is equivalent to "break". Did you mean to use "continue 2"? in /home/mhd-01/www.robsom.org/htdocs/lafabbricadeisogni/wp-includes/pomo/plural-forms.php on line 210

Warning: Use of undefined constant wp_cumulus_widget - assumed 'wp_cumulus_widget' (this will throw an Error in a future version of PHP) in /home/mhd-01/www.robsom.org/htdocs/lafabbricadeisogni/wp-content/plugins/wp-cumulus/wp-cumulus.php on line 375
Orson Welles « La Fabbrica dei Sogni
Warning: call_user_func_array() expects parameter 1 to be a valid callback, no array or string given in /home/mhd-01/www.robsom.org/htdocs/lafabbricadeisogni/wp-includes/class-wp-hook.php on line 286

Posts Tagged ‘Orson Welles’

War of the Worlds

Saturday, July 2nd, 2005 by

Diciamo subito che ogni paragone con Independence Day è non solo inappropriato, ma anche offensivo. Spielberg è pur sempre Spielberg, e, per citare un critico del New York Times, non sempre fa dei bei film, ma sembra costituzionalmente incapace di fare dei brutti film. Che qua lo si consideri uno dei Grandi non è un mistero. E’ un mistero invece perchè continui masochisticamente ad arruolare Tom Cruise, che oltre ad essere ormai del tutto fuori di boccia, non ha mai imparato a recitare. E uno mica può fare l’idolo delle ragazzine a vita. Oddio, il ragazzo ce la mette tutta davvero e un pò gli riesce, ma non è che debba fare molto altro che avere l’aria terrorizzata. Secondo problema, Dakota Fanning, la bambina più irritante che Hollywood abbia sfornato negli ultimi 20 anni. Una mocciosa di 8 anni con un nome da pornostar che sputa sentenze nelle interviste neanche fosse Greta Garbo. Una che, al terzo strillo, speri che al prossimo le esploda la testa come nei cartoni animati.

La storia, nata come atto d’accusa dell’imperialismo britannico, è inevitabilmente un pò datata (dopotutto ha quei 100 e rotti anni), ma anzichè pasticciare per aggiornarla, Spielberg la trasforma in una grandiosa allegoria delle paure dell’America moderna (che poi è quello che è sempre stata in tutte le sue reincarnazioni moderne, fin dai tempi della mitica trasmissione di Orson Welles). Dubito che War of the Worlds sarebbe stato fatto (o fatto così) prima dell’11 settembre. Spielberg l’ha detto esplicitamente, ha cercato di rappresentare i sentimenti e le angosce di chi è attaccato senza motivo da un nemico incomprensibile, crudele e invidioso. Non si può trattare con questo nemico, non si può combattere contro di lui, si può solo morire, senza neppure sapere perché o cosa vuole. E questo è ottenuto in modo magistrale, tagliando corto sull’introduzione (il nemico arriva e uccide, senza avvertimento, senza provocazione), e facendo immaginare più di quello che fa vedere (le bellissime e agghiaccianti scene dell’aereo, del treno e soprattutto della battaglia). Anche il finale, uguale all’originale di H.G. Wells, ha un significato politico. Siamo deboli, ma vinceremo la guerra perché il nostro sistema è forte, anche se non sembra. Naturalmente il nemico non sta solo fuori, ma anche dentro di noi ed è forse più insidioso. E’ la stessa natura umana, egoista, miope, cattiva, incapace di solidarietà. Non è un tema nuovo, ma è una visione sorprendentemente pessimista per uno come Spielberg.
Però, accidenti, si arriva quasi alla fine quando il film comincia ad andare a pezzi. Troppa fretta, troppa approssimazione, e un inutile lieto fine forzatissimo. Come diceva Angelina Jolie in Mr. & Mrs. Smith, happy endings are just unfinished stories. Peccato.

Curiosità: nella scena dell’incidente aereo (riferimento all’11 settembre?) sembra che sia stato usato un vero 747. A quanto pare ricostruire un aereo schiantato costa più che farlo davvero schiantare a terra. E le valigie verrebbero dall’ufficio oggetti smarriti dell’aeroporto di Los Angeles. Bello sapere che, quando ti perdono i bagagli, in qualche modo poi vengono usati.

This is not a war. This is an extermination!