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Ron Howard « La Fabbrica dei Sogni
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The Da Vinci Code

Friday, October 27th, 2006 by

NB: questa è roba di qualche mese fa. Ma ci tenevo a dirla.

Non capita spesso di uscire dal cinema e poter dire: “ehi, il film è meglio del libro!”. Non che ci voglia molto, il libro essendo uno dei peggio scritti best-seller degli ultimi trent’anni. Basta prendere lo sceneggiatore e il regista di A beautiful mind, un buon gruppo di attori (Tom Hanks, Jean Reno e il sempre grandissimo Ian McKellen) e una storia che è stata scritta pensando a come farci un film, toglierci un pò delle castronerie più ovvie, tagliare qualche pezzettino inutilmente contorto e si tirano via facili due orette e mezza di pellicola. Per assicurarne il successo basta la pubblicità gratuita fornita da chi si sente offeso dalle “controverse” ipotesi che fanno da contorno e giustificazione del giallo/caccia al tesoro.

Non che ci sia molto di nuovo nemmeno in questo. Il Codice Da Vinci ricicla semplicemente alcune delle più inossidabili storie e pseudo-storie di cospirazioni e “segreti” in circolazione da decenni: il Santo Graal (che funziona sempre, come insegna Indiana Jones), i Templari, i “misteri” di Rennes-le-chateau e il Priorato di Sion. La storia è largamente copiata basata sulle deliranti teorie dalla premiata ditta Baigent-Leigh-Lincoln pubblicate da almeno 20 anni e di cui ormai è stata da tempo dimostrata l’infondatezza. Se lo si prende come una forma di intrattenimento storico-religioso, e a patto di non essere dei micragnosi bigotti, è anche divertente.
Il vero colpo di genio dell’autore è stata l’idea di tirare dentro la più ricca, potente e secretiva setta del Cattolicesimo moderno, scatenando un caos mediatico che ha trasformato un romanzo mediocre in un bestseller mondiale e generato un caso editoriale, il qui presente blockbuster e una valanga di libri, conferenze, documentari, presentazioni e discussioni da bar. Insomma una magistrale operazione di marketing mass-culturale e un caso da manuale di successo pianificato a tavolino.

La vicenda del Codice è però più interessante e importante di quanto appare a prima vista. Per prima cosa dimostra ancora una volta quanto siano fondamentalmente idioti i censori, o aspiranti tali, e quanto poco abbiano imparato da svariati millenni di fallimenti.
Ma se si trattasse solo di questo non sarebbe diverso da altri libri o film “scandalosi”. Il fatto è che il Codice da Vinci ha messo il dito direttamente dentro uno dei più grossi tabù della storiografia occidentale: la storia dei primi secoli dopo Cristo. Il gran casino che ne è nato indica semplicemente che questo periodo storico non può essere discusso, e men che meno revisionato. Ne esiste una versione ufficiale, definita e difesa da persone e organizzazioni che non si occupano di storia, che è sostanzialmente immutata da secoli, praticamente impermeabile alle novità, ai ritrovamenti archeologici e alle informazioni venute alla luce nel frattempo (a meno che non confermino questa versione ufficiale o a meno che queste discussioni non rimangano riservate a una ristretta cerchia di specialisti). Di questioni interessanti ce ne sarebbero molte: dalla frammentazione delle chiese cristiane ai rapporti con il potere imperiale romano e l’importanza che questo ha avuto nel definire la “vera fede”, le influenze del Culto Mitraico e delle altre religioni mediorientali, la stessa storia di Roma che non può essere ridotta a una cronaca dell’ascesa del Cristianesimo a religione ufficiale dell’Impero (con annessa lista di martiri e relative leggende). Tempo fa, ipotizzare che, per esempio, il Cristianesimo assorbì vari culti pagani nella sua marcia verso la supremazia avrebbe portato direttamente sul rogo. Oggi per fortuna non più, ma il dibattito è evidentemente troncato da accuse di “pregiudizio anti-cristiano”, ateismo (?), anti-clericalismo, etc…
Il Codice da Vinci non aiuta chi vorrebbe una visione obiettiva e storicamente rigorosa di quel periodo. Quando va bene è impreciso e superficiale, quando va male platealmente falso. Il fatto che così tanta gente, anche istruita, ci abbia creduto è innanzitutto una prova lampante del fallimento delle Chiese cristiane nell’insegnare le basi della loro stessa dottrina: troppo prese a fare politica e a occuparsi di ciò che accade tra le lenzuola dei fedeli. Cercare di recuperare tentando di proibire o censurare (o bruciando i libri, che questo vizio non l’hanno mai perso) o rispondere dicendo che “non è come dice lui, perchè è come diciamo noi” è solo patetico, nel XXI secolo.
Allora se quello che ci vuole per eliminare una versione dei fatti stile Ben-Hur o Quo Vadis è un volgare prodotto della cultura di massa, così sia. Almeno qualcuno sarà costretto a prendersi la briga di dimostrare che le cose sono andate come sostiene lui oppure dovrà finalmente rinunciare a un insostenibile monopolio culturale su quasi mezzo millennio di storia.

As long as there has been one true God, there has been killing in his name.

Cinderella Man

Thursday, September 29th, 2005 by

Motivi che possono spingere quattro donne a precipitarsi a vedere Cinderella Man:
una c’era perchè al cinema ci vivrebbe;
una c’era perchè Russel Crowe è sempre un argomento interessante;
una, Gin, c’era per la somma delle suddette cose;
l’altra c’è stata trascinata nonostante l’odio per il pugilato.

Il film va visto, e lo dice una che non capisce lo sport in questione. Crowe è bravo da svenire, non parlo dei muscoli ma dell’interpretazione, la regia impeccabile, Howard è diventato una garanzia. Sangue non se ne vede molto, niente splatter, ma certi pugni arrivano nello stomaco lo stesso, buona l’inquadratura finale perpendicolare al ring e sfumata dal colore al seppia, senza smancerie inutili. Renee Zellweger dovrebbe cambiare doppiatrice italiana, terribile i primi 10 minuti, poi ci si concentra su altro per fortuna.
E’ una vicenda umana toccante, emozionante e reale. E’ interessante e apre una porta su un periodo non facile per gli USA (anni ’30), a quanto pare non siamo gli unici che nella storia han patito la fame vera. Gli scorci di Central Park adibita a baraccopoli sono emozionanti, una scena ben diversa dai newyorkesi in t-shirt e shorts che fanno jogging. Fa riflettere, considerato il comune pensiero che dà all’America il ruolo di Paese Ricco, come se certi problemi non l’avessero mai toccata.

Curiosità
Aspetto conferma da chi vedrà la versione in lingua originale, nel frattempo vi sottopongo un quesito: durante una conferenza stampa J.J.Braddock (Crowe) a domanda risponde qualcosa tipo: “Credo che passerò dal fruttivendolo perchè mia moglie mi ha detto di tornare con la cintura (da campione), ma i miei figli han capito verdura!
Nelle immagini finali mentre i testi ci dicono di come sia stata normale e piena la vita di J.J.Braddock, lo si vede rientrare in casa con un acquario e delle piccole tartarughe per i figli.
E’ possibile che la battuta di cui sopra in lingua originale giocasse non su Cintura-Verdura ma sull’assonanza, intraducibile, Title-Turtle?
Ho pensato una delle mie idiozie o regge? Agli angolfoni il responso.