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Tim Burton « La Fabbrica dei Sogni
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Posts Tagged ‘Tim Burton’

Parliamo del 3D al cinema?

Wednesday, October 13th, 2010 by

Credo sia venuto il momento di parlare del fenomeno che sta invadendo letteralmente i cinema (che ormai riguarda circa la metà dei film che si possono trovare in un multisala), ovvero quello dei film in 3D. Un po’ credo di aver esplicitato il mio pensiero già in occasione dei commenti al film del secolo, Avatar.

A me viene da fare una domanda un po’ provocatoria: ma non è che il 3D sta un po’ uccidendo il cinema? Dove per cinema intendo tutto l’insieme di cose che fanno diventare un film, semplicemente un gran bel film.
E’ un dubbio lecito, soprattutto quando succede di restare deluso praticamente dal 90% dei film visti e girati con questa tecnica. Mi hanno già accusato da più parti di essere un po’ snob, anche se io posso tranquillamente ribattere che sono di bocca buona, visto che mi ritengo anche un cultore di film trash. E allora perché il 3D non funziona, cosa ha ancora di meno rispetto ad un volgarissimo sottoprodotto di serie C?
Per quanto mi riguarda la risposta è semplice: buona parte di questi film in 3D sono bellissimi da vedere, ma decisamente vuoti.

Sono ben contento che la tecnica si evolva e che le sale cinematografiche, che subiscono la concorrenza spietata di tv satellitari, mega schermi LCD da 180”, blue-ray e perfino dai cellulari che mentre guardi il film ti fanno anche il popcorn , si adattino per poter stare in piedi.
E lo stesso motivo percui si sono salvati soprattutto i multisala, che possono offrire esperienze sensoriali di elevatissima qualità, anche e soprattutto in 3D.

Questo lo dico per sgomberare il campo dalle accuse di non volere vedere il cinema evolversi, o cose simili.
Il problema è proprio che il 3D probabilmente basta da solo a portare la gente al cinema e per questo non è necessario metterci altro. Non ne sentono l’esigenza i produttori e di conseguenza neppure i registi che vi si cimentano.
La gente va, si inforca gli occhiali malefici, prende i popcorn (che immancabilmente si ritrovano allo spettacolo successivo sulle poltrone), il cellulare in mano perché non si sa mai che arrivi un SMS a cui è fondamentale rispondere, e si gode lo spettacolo… ma che spettacolo? Perché se ci guardiamo bene, in cosa consiste questo 3D, se non una serie di espedienti travestiti da sceneggiatura per far provare allo spettatore l’esperienza delle profondità di campo iperboliche, delle vertigini, e dello spavento che possono provocare le cose che sembrano venirci addosso.
Almeno per il momento lo schermo a 180 pollici, il cellulare, il blue-ray, la tv satellitare, ancora non ci danno il 3D (ma manca poco… sale cinematografiche, per favore evolvetevi ancora, ci sono cinque sensi da appagare, sceglietene un altro o la gente si stuferà presto)

E’ triste che tutto si riduca ad una battaglia di tecnologia il cui unico scopo è dare forti sensazioni sensoriali, lasciando in secondo piano le idee. Possiamo dire che anche questo è il trionfo della superficialità e del mondo dell’apparenza?

Sono stato al cinema negli ultimi mesi, dicevo, anche a vedere qualche film in 3D che ovviamente si è mostrato essere quello che dicevo sopra. E’ deludente constatare che Toy Story 3D, ad esempio, sia un film mediocre da ogni punto di vista.
Magari paga la stanchezza tipica del terzo episodio della serie, magari no. La Pixar ha sempre proposto film con una quantità di idee industriali da far venire la congestione al cervello, eppure questo Toy Story 3D in confronto a tutti gli altri… diciamolo, fa schifo. Stesso destino è toccato a Shrek 3D.

Ma c’è di peggio, c’è la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso.
Io adoro Tim Burton. Un regista eccezionale che ha fatto solo due film bruttissimi: il remake de “Il pianeta delle scimmie” e “Alice”. Guarda caso Alice è un film in 3D. Perché si evince abbastanza chiaramente che Alice non ha avuto nessun apporto di idee TimBurtonesche (cosa che uno, come minimo, si aspetterebbe da Tim Burton come base contrattuale per decidere di comprare il biglietto del cinema). Io l’ho trovato un film senza qualità, che vive solo perché ha il 3D da offrire ai suoi spettatori. Non aggiunge niente a ciò che esisteva già sul tema.
Quello che Alice ha, è solamente il 3D, ma non il 3D funzionale al film… no, è proprio il 3D facile,quello che vai al cinema, indossi gli occhialini malefici, mangi il popcorn, se puoi lo rovesci sulle poltrone, ogni tanto controlli il cellulare se è arrivato un sms, e poi quando non sei preso da tutte queste cose ti godi il protagonista del film che ti fa cadere addosso qualcosa, e quel senso di vertigine tutto particolare, e tutti i trucchetti travestiti da sceneggiatura che permettono questo.

Non è triste, è squallido. E se c’è caduto anche lui… non ci voglio pensare!

Se metto insieme tutti i tasselli, mi viene proprio da pensare che nessuno di questi sia un caso.
E che anzi, Avatar sia in realtà l’unico vero FILM in 3D (e per questo sono pronto a rivedere il giudizio parzialmente negativo precedentemente dato). Di fatto quando si parlava di Avatar come del primo vero film in 3D, forse avevano tutti ragione… uno dei pochi casi in cui dietro al 3D ci sono delle idee, c’è un regista e soprattutto c’è un film.

Se ci sono altri casi di film veri in 3D, mi piacerebbe farne la lista. Qualcosa che abbia un messaggio più articolato di “piove, prendi l’ombrello, è arrivato un sms, rispondi al cellulare”. Perché sicuramente non li ho visti tutti e forse quelli buoni me li sono persi. Ci voglio credere, per cui venite a confortarmi.

Come se non bastasse, come per ogni teorema anche qui c’è il corollario. Di recente ho visto anche ottimi film ed erano tutti senza 3D. In particolare di uno parlerò a breve, devo solo raccogliere le idee perché non è facile capire da dove iniziare.
Un ottimo film senza la terza dimensione (nonostante se lo sarebbe potuto permettere) e con così tante idee da far venire mal di testa. Sarà un caso che di fronte ad una sceneggiatura così, né il regista né il produttore abbiano sentito l’esigenza di tappare dei vuoti che non ci sono?

L’unica cosa è sperare che sia come per le “Vacanze di Natale”, che questi film che riempiono le sale in modo facile, servano per produrre quelli che le riempiono un po’ meno. Ma per quanto si potrà andare avanti, con la concorrenza spietata di altri mezzi che promettono esperienze sensoriali sempre più esaltanti? Riuscirà tutta la baracca a stare in piedi quando l’uragano “l’esperienza sensoriale più suprema ed inimitabile” sarà passato a chiedere il suo tributo di sangue e di cervello?

Forse è inutile piangere, cerco di chiudere con una nota di ottimismo… Non molti anni fa qualcuno cantava “Video killed the radio star”, e sappiamo che la radio non è affatto morta. E forse io sono solo uno stupido nostalgico, a cui piacerebbe ancora vedere un film che emoziona senza dover ricorrere alle profondità di campo iperboliche, che angoscia senza utilizzare il senso di vertigine, e spaventa senza aver bisogno di lanciarmi addosso nessun oggetto.
Se il cinema deve sottostare alle leggi di mercato e se la gente non ama più andare al cinema ad emozionarsi con uno squallido schermo piatto, allora l’evoluzione si compirà senza che nessuno possa fare niente. Il pubblico si emozionerà solo con le profondità di campo iperboliche e amen.

La nota di ottimismo è che voglio credere che il 3D immaturo che si vede sugli schermi in questi anni non sia il capolinea delle idee, ma che sia solo una inevitabile fase di passaggio verso un cinema 3D più maturo… ci vogliamo credere?

Immaginate di essere a Parigi nel dicembre del 1896. Siete fuori dal Grand Café sul Boulevard des Capucines, ed un cartellone davanti a voi recita “L’arrivée d’un train en gare de la Ciotat”.
Entrate incuriositi, pagate il biglietto, ma non sapete nemmeno cosa state facendo. Vi sedete su una sediaa, si spengono le luci, non ci sono popcorn e cellulari a rompere i coglioni, e su una parete delle sala vedete questo:

Vi alzate terrorizzati poco prima che il treno arrivi.
E’ stata una forte emozione, non è così? Ecco, questa era la profondità di campo iperbolica per un abitante di Parigi, nell’anno 1896.

Adesso tornate al 2010 e pensate a cosa avete davvero visto. Avete visto il primo vagito del cinema, ma tutto sommato pensate a quale inconsistente filmato di 55 secondi avete visto. Un treno che arriva in stazione.

Possiamo tranquillamente affermare che per fortuna il cinema è nato lì, ma non si è fermato lì?

Ecco, speriamo che la fase immatura e infantile del cinema 3D, quella delle profondità di campo iperboliche, finisca presto e non duri anni, perché io mi sono già rotto le balle.

Chiedo troppo?

La Sposa Cadavere

Saturday, November 5th, 2005 by

Non è un film per bambini, questo era chiaro a tutti, non a chi giorni fa s’è trascinato il figlio piccolo a vedere questo animato di Tim Burton. Risultato: il figliolo s’è morto di paura, senza motivo.
Erano comunque abbastanza lontani, il film me lo sono goduto in pace, popcorn e coca-cola.
Sulla genialità di Burton s’è detto pochi post fa. Questo è il suo primo animato che vedo, A nightmare before Christmas lo vedrò a giorni, l’impressione per ora è ottima.
Ho la sensazione che T. Burton adori le citazioni cinematografiche, libri ammucchiati disordinatamente su pavimenti, dentro armadi sgangherati e su scale instabili, deve avere una passione anche per le case diroccate e i disegni sghembi. Tutto sommato credo di adorarlo, soprattutto per i libri confusi.
L’idea base del film è interessante, originale, romantica, divertente e infine imbarazzante per chi ci si dovesse ritrovare all’improvviso; provare a immedesimarsi in Victor il vivo trovatosi sposato a una simpatica e carina, ma pur sempre freddina, sposa cadavere. Terrificante.
Figurarsi, ai più fa senso l’idea di un matrimonio con un vivo!
I personaggi sono geniali: vividi e allegri i morti, mentre per contrasto sono i viventi ad essere grigiastri, spenti, tristi e calcolatori perfidi. Non posso commentare le forme dei visi, si dovrebbe analizzarli tutti, ci trovate le forme più strane e tutte perfette.
Personaggio preferito? Uno scheletro ballerino-canterino da musical di Chicago. Victor il vivo doppiato in inglese da Depp è disegnato a sua immagine, innegabile, il feeling tra l’attore e il regista traspare anche da questo.
La grafica e l’animazione nemmeno le si può commentare, strabilanti. Dovendo per forza trovare un neo si dica che i dialoghi trascinano poco la storia nella parte centrale del film, ma la perfezione in fondo è noiosa.

Perchè tornare su quando la gente muore dalla voglia di scendere quaggiù?

La fabbrica di cioccolato

Tuesday, September 27th, 2005 by

" Vedete cari bambini, ogni cosa in questa stanza è commestibile. Anche io sono commestibile. Questo però viene chiamato cannibalismo, miei cari ragazzi, ed è considerato disdicevole in molte società"

Mi sono fiondato a vedere Charlie and the Chocolate Factory appena uscito nei cinema, non tanto per il tipo di film, nè per fare un confronto con il precedente film degli anni 70 (Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato), tipicamente disneyano e di buoni sentimenti, natalizio, e quindi tutto sommato poco interessante, almeno per me.

A dir la verità ci sono andato solo per un atto di fiducia verso quello che considero una dei registi più geniali dei nostri anni, perchè tutto sommato sapevo che le atmosfere disneyane fiabesche sarebbero state in qualche modo “disturbate” dalla verve stridente e gotica di Tim Burton. Aspettativa che ovviamente non è stata delusa (anche se, per molti amanti del classico, sarà proprio questa una fonte di delusione)..

L’accoppiata, ormai di ferro, Burton/Depp non si smentisce mai, e la prima nota più stridente è proprio come è stato reso il personaggio di Willy Wonka: quasi uno psicotico,apparentemente sempre sull’orlo di una crisi di nervi dovuta a traumatiche esperienze con il padre tirannico e la famiglia inesistente. In ogni caso un personaggio molto sfumato, equivocabile in molti passaggi, che nasconde ben più di un’ombra, ma cerca comunque di fare la parte che gli è stata assegnata dagli eventi, ovvero quella del personaggio da fiaba per bambini, non sempre riuscendoci. Molto sullo stile di “ridi pagliaccio”. Sicuramente una ennesima ottima prova di Johnny Depp.

Il regista, in questo caso, è molto simile allo stesso personaggio di Willy Wonka, il classico inventore geniale,
isolato, incompreso e solo, che passa il tempo ad inventare nuove cose (soprattutto nuovi dolci) nei modi più incredibili, ma solo alcune invenzioni si dimostrano estremamente utili o positive, mentre altre sono inutili, altre futili, altre ancora nocive o addirittura ributtanti… Tim Burton è un po’ lo stesso del suo personaggio,
si lascia trasportare dalla fantasia sfrenata e dalle intuizioni geniali, ma solo a volte queste portano ad atmosfere sognanti di fiaba, mentre altre portano decise nel mondo del grottesco, nell’ironia stridente e dissacrante, per finire nel trash un po’ insensato (ma molto colorato ed accattivante), se non nel gotico, nell’orrore e nel ribrezzo. Tutto questo senza logica apparente, e senza soluzione di continuità, passando da un
eccesso all’altro, proprio come se le sue trovate geniali, fatte a fin di bene, gli sfuggissero di mano e dal controllo razionale. Un Burton all’ennesima potenza, direi…

Due altre cose possono valere la visione del film: gli Oompa-loompa, i nanetti che aiutano Wonka nella fabbrica di cioccolato e che sono artefici delle trovate più assurde e trash, nonchè quelle più geniali, e dei momenti più divertenti del film (molto contribuisce il fatto che siano tutti stati interpretati dallo stesso attore che, truccato in mille modi, uno più assurdo dell’altro, si è centuplicato sullo schermo grazie alla tecnica digitale).

Un altro buon motivo è l’ironia dissacrante che pervade tutto il film, altra caratteristica di ferro delle produzioni di Burton, e che si esplica in molte citazioni che i cinefili possono divertirsi a scovare. Una su tutte, esplicita, fin troppo facile da trovare, è la parodia di 2001 odissea nello spazio, in cui una tavoletta di cioccolato si trasforma nel monolite nero, con le scimmie che gli danzano attorno. Chissà se Kubrick sta apprezzando, o si sta rivoltando nella tomba?

Come dicevo al’inizio, l’autore è incrollabile e immutabile nel suo stile, sempre uguale fin dagli esordi, e gli si può dare cieca fiducia, chi lo ha già apprezzato in altri film probabilmente non resterà deluso…