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Archive for April, 2010

Shutter Island

Sunday, April 11th, 2010 by

“Dottor Sheehan, lei pensa sia meglio vivere da mostri, o morire da uomini per bene?”

Ovvero quando un film non è niente di nuovo sotto il sole, ma è fatto decisamente bene…

Shutter Island è la storia di due agenti federali (Leonardo di Caprio e Mark Ruffalo) che vengono spediti con un battello su un’isola che è sede dell’Ashcliff Hospital, uno dei manicomi criminali più grandi degli Stati Uniti, che ospita i pazzi criminali più pericolosi mai esistiti.
I due agenti arrivano sull’isola per investigare sulla scomparsa misteriosa di una pericolosa infanticida, Rachel Solando, che sembra essersi dileguata nel nulla dalla sua cella blindata, senza lasciare alcuna traccia. L’agente Daniels pare nutrire fin dal principio dei forti sospetti sulla veridicità delle dichiarazioni di medici ed infermieri, che sembrano nascondere (male) una verità scomoda.
Un uragano costringe i due agenti a protrarre il soggiorno sull’isola, durante il quale le indagini proseguono ed emergono particolari sempre più inquietanti, con una trama che riesce a rilanciarsi abbastanza spesso da far passare le due ore di film in un batter d’occhio.

Ci sono pazienti che sembrano essere più lucidi di altri e sembrano sapere più cose di quel che sarebbe loro concesso. Alcuni di loro sembrano suggerire più o meno esplicitamente ai due agenti di fuggire il prima possibile da Shutter Island, perché il rischio e che restino lì per sempre.
Altri pazienti, i più pericolosi, sono segregati nel blocco C dell’istituto, una specie di fortezza dove nessuno può mettere piede, a parte un numero ristretto di infermieri. Altri pazienti sembrano essere spariti nel nulla, negli anni, e il sospetto degli agenti è che nell’ospedale si conducano esperimenti illegali su nuove tecniche di lobotomia. E poi la storia profondamente inquietante di un ex-agente dell’FBI che anni addietro si era recato a Shutter Island per indagare sulla gestione dell’istituto, e che era finito rinchiuso come paziente nell’istituto stesso per sospetta schizofrenia e perdita di contatto con la realtà.
E ancora un nuovo rilancio della trama, già abbastanza contorta, con il ritrovamento di Rachel Solando che si dimostra essere qualcuno che gli agenti non avrebbero mai sospettato.

Come se non bastasse tutto questo, l’agente Daniels inizia ad avere delle visioni notturne che riguardano la moglie defunta in un incendio avvenuto in casa, e le sue esperienze di guerra contro gli ufficiali nazisti.

E qui bisogna dirlo. Queste sequenze oniriche, che intervallano il film, sono decisamente spettacolari. Hanno tutto quello che serve per renderle un cult: sono incisive, sono ricche di citazioni e simbolismi (come a dire che se interpretare i sogni ci aiuta a capire meglio la realtà, allora è giusto che i sogni siano così pieni di indizi, da raccontare più verità di quante non ne racconti il resto del film… quindi occhio, guardatele con attenzione perché non sono campate per aria), sono irrazionali ed insensate, hanno una buona potenza visiva ed emotiva e mescolano stili cinematografici diversi tra loro (si passa in pochi fotogrammi da un film sentimentale, ad un horror quasi splatter, e viceversa).

Siamo di fronte ad un classico thriller che ha l’obiettivo di inquinare le acque e di agitarle, spesso senza motivo, perché in questo modo tutto viene reso molto difficile da comprendere. La tecnica non è nuova. Se il film è fatto e confezionato molto bene, come in questo caso, è sempre piacevole farsi ingannare.

La storia ha taglio psichiatrico, che si presta molto bene a confondere ancora di più le acque, e permette un buon ritorno emotivo da parte di chi guarda.
Scorsese con gli anni sembra essere diventato un relativista assoluto, e non è nuovo a giochi di questo genere. Poco tempo fa ha cercato di dirci che “il bene e il male” sono concetti decisamente relativi. Possono addirittura scambiarsi i ruoli, senza che nessuna struttura morale venga alterata da questo scambio.

Ora cosa cerca di dirci, se non che la verità e la menzogna…. sono la stessa cosa? Perché verità e menzogna sono una costruzione della società e della mente, e quindi non sono concetti assoluti.

Sono una costruzione della società, perché chi decide chi deve finire in manicomio e chi no, se non la società stessa? E’ la maggioranza che decide cosa è normale e cosa è anormale, cosa è lucidità e cosa è pazzia. Chi deve stare da una parte o dall’altra delle sbarre. Chi è il medico e chi il paziente.

Sono una costruzione della mente, perché la mente umana cerca di mettere a posto tutte le tessere del mosaico in modo razionale, ma a volte lo fa sbagliando, ovvero mettendo delle tessere al posto sbagliato. L’importante è che alla fine tutto abbia una spiegazione logica, e che non ci siano tessere rimaste senza posizione (che equivalgono ad una spiegazione irrazionale della realtà), anche a costo di metterne qualcuna nel posto sbagliato.

Ci si ritrova a credere a qualcosa di palesemente falso, solo perché fa comodo crederlo, o peggio ancora solo perché è la struttura sociale a spingerci a credere che sia vero.
A volte la menzogna è comoda e ci fornisce un ottimo alibi per non accettare la realtà e a non combattere contro i fantasmi che crea. Il dramma sta nello scoprirsi essere umani che vivono completamente avulsi dalla realtà, e comprendere che questa è una difesa contro qualcosa che non piace.

Se noi guardiamo la piccola società che vive all’interno di Shutter Island, possiamo vedere una netta metafora che è uno spaccato della società umana.

Una pecca del film? C’è e non c’è allo stesso tempo…
La pecca potrebbe essere che la storia non è nuova, e nemmeno il tipo di inganno che nasconde. Alla fine, se uno bazzica un po’ film di questo genere, arriva a capire la sorpresa finale già a metà film.

Tuttavia, nonostante il finale esplicito a sorpresa possa non essere una vera sorpresa, il film lascia lo spazio ad una ulteriore interpretazione aggiuntiva, che invece è più intrigante perché è del tutto aperta ed irrisolta, ed è una possibile fonte di discussione fuori dalla sala, o a tv spenta.

Nonostante tutto, questo è un film riuscito per molti motivi e meritevole di essere visto, e che dimostra che un thriller non può basare se stesso solo sull’effetto sorpresa finale, come spesso molti thriller degli ultimi anni ci hanno abituato a credere.

IL colossal

Sunday, April 4th, 2010 by

Giorni fa noi si e’ visto un filmone, un classico che piu’ classico non si puo’, un must see movie, insomma un colossal, o meglio IL COLOSSAL!
Quattro ore di film, costumi, azione ma non tantissima, scenografie immense, scene di massa, trucco, parrucco, attoroni … tutto quanto perfetto, sempre quattro ore pero’! Si discuteva che nessuno fa piu’ film di questa durata perche’ nessuno, tranne noi pazzi cinefili, starebbe al cinema per tanto tempo concentrato per qualcosa senza effetti speciali alla Avatar. Dicevo che nessuno lo fa piu’, anche quel folle di Stanley Kubrick non faceva piu’ roba lunga quattro ore, Robsom mi interrompe:
“No, e’ vero non durano quattro ore, ma a dirla tutta certi film di Kubrick sembrano durare anche il doppio!”

Per non tirarla per le lunghe, abbiamo visto Cleopatra, del 1963, e che devo dirne? che il termine colossal e’ l’unica cosa che lo descrive adeguatamente. Non saprei dirvi quanto sia storicamente accurato ma dal punto di vista cinematografico e’ da vedere. Scenografie in 3d, nel senso che i palazzi son proprio li, i costumi sono veri e sembrano d’oro, le corazze dei romani vissute, i senatori romani in sandali e tuniche bianco/rosse, le vestali di Cleopatra, il bagno e i massaggi, il suo noto pudore (?) … non manca niente e niente fa rimpiangere il 3d o gli effetti computerizzati, che sono una meraviglia, non fraintendete, ma sapere che c’era gente in grado di fare cose reali e perfette fa piacere.
Il film e’ la storia della regina, dei suoi amori guidati all’inizio da saggia ambizione, da astuto calcolo, quando decide di essere la moglie egiziana di Cesare e soprattutto colei che lo spinge verso ambiziosi sogni. Poi e’ la storia della sua passione romantica e incoscente con MarcoAntonio, della fine tragica del loro amore e del suo regno. Due film, a dirla tutta cosi voleva il regista ma la produzione decise per una sola uscita, peccato.
La Taylor, giovane attrice all’epoca, e’ stata una scelta perfetta nonostante la sua cagionevole salute, insieme a molto altro, abbia causato il lievitare dei costi del film e l’allungarsi dei tempi di produzione. Ok, quando una e’ dotata di quegli occhi viene facile fare Cleopatra, che dire? mi sarei innamorata pure io fossi stato Cesare.
Il personaggio Cesare batte il personaggio Antonio, ma si sa che io a volte sono cerebrale e Antonio non era proprio astutissimo, convenite? Degli attori che dire? Richard Burton e Rex Harrison, grandiosi in due figure cosi diverse e complicate.

TRIVIA e altro
Sapevate che fino a Titanic questo e’ stato il film piu’ costoso della storia? 35 mln di dollari.
Che il primo regista ad un certo punto a mollato tutto perche’ non ce la faceva piu’?
Che il secondo regista per finire in tempi “ragionevoli” si faceva di anfetamine e dormive tre ore a notte?
Che la Taylor durante le riprese ha avuto: meningite, polmonite, una tracheotomia d’urgenza …?
Che nel primo anno di riprese solo 10 minuti di pellicola utile erano stati effettivamente girati?
Che le prime riprese dovevano essere effettuate nel 1960 a Roma ma non poterono per via dei Giochi Olimpici?
Che la critica lo stronco’ e fu un flop colossale (appunto) al botteghino?
Peccato perche’ per colpa di Cleopatra per rivedere un film sword and sandal abbiamo dovuto aspettare Gladiator e peccato soprattutto perche’ la grandiosita’ di questo film e’ indiscussa, i tre personaggi principali tengono incollati alla storia anche senza molte scene d’azione, due battaglie, il modo in cui vengono raccontati e’ acuto, i dialoghi intensi, l’amore sottointeso, una via perfetta per rappresentare la Storia.

Antony: Queens. Queens. Strip them naked as any other woman, they are no longer queens.
Rufio: It is also difficult to tell the rank of a naked general. Generals without armies are naked indeed.