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Archive for the ‘avventura’ Category

C’e’ nessuno in casa?

Wednesday, October 13th, 2010 by

25 anni fa uscita un film icona per gli attuali trentenni. Il primo e miglior film di una trilogia divertente, leggera, zeppa di frasi e situazioni che sono rimaste impresse nella memoria di tutti.
Chi aveva mai sentito parlare della DeLorean prima? come riuscire a non cantichiare “The power of love” quando capita per radio? Vogliamo poi parlare del piumino senza maniche di Marty McFly? un must!

Noi andiamo a rivederlo, al cinema, in lingua originale. Perche’? perche’ si puo’! Cercheremo soltanto di non ralizzare quanto questi suoi 25 anni ci facciano diventare vecchi d’un colpo.

Marty McFly: Wait a minute, Doc. Ah… Are you telling me that you built a time machine… out of a DeLorean?
Dr. Emmett Brown: The way I see it, if you’re gonna build a time machine into a car, why not do it with some style?

Robin Hood

Thursday, June 10th, 2010 by

Partiamo da una premessa: se un film prevede la presenza di Russell Crowe portatemi al cinema e lasciatemi lì. Non é solo un fatto ormonale, non é nemmeno colpa de Il gladiatore, é che proprio mi piace, non ricordo un film da lui interpretato che non mi sia piaciuto. Detto questo per pulirmi la coscienza procedo.
Il film a me é piaciuto, é un film fatto per piacere a molti, forse a troppi, ma me lo sono goduto.
L’idea alla base é quella di dare una spiegazione alla nascita della leggenda di Robin Hood. L’avessero chiamato “Nottingham” come pare fosse previsto sarebbe stato meglio, avremmo avuto meno collegamenti con la figura classica di Robin, meno strafalcioni storici e meno confusione. Alla fine del film mi sono sentita chiedere: “Ma Robin Hood non é esistito davvero?!” Oh signur!
Lo script originale in verità era centrato sulla figura dello sceriffo di Nottingham, immagino senza fatica le motivazioni del cambio radicale di script e soggetto …

Comunque la storia é gradevole, certamente lontana dai classici Robin melensi e romantici, molta più azione, molto energico, forse troppe battaglie ma la scelta degli attori principali salva il tutto. Luci e colori incantevoli.
Per una volta ci viene risparmiata la sequenza: “telecamera che segue il percorso della freccia fino al bersaglio“, dandoci invece una visione opposta. Magari non originalissimo ma le riprese di dettaglio sono splendide, forse sono io che ho un debole per le “macro”.
Inutile negare che alcuni passaggi fanno venire in mente Il gladiatore, e non é colpa di Crowe, immancabile la simbolica e ormai svendutissima scena del grano, qui in versione inglese, ce la potevano risparmiare.
Però ci sono cose che fanno perdonare le inesattezze storiche e le faccende come il grano, Lady Marion, una meravigliosa Blanchett, per fortuna e finalmente é un personaggio verosimile. Rimasta sola a governare i possedimenti del marito impegnato nelle crociate con Riccardo cuor di leone, si sporca tra i campi, si veste semplicemente, fatica e suda, con dignità, poi si lava i piedi infangati in una bacinella prima di entrare nel “castello”. I castelli appunto, finalmente sono castelli reali, mediamente sporchi, paglia per terra, cani ovunque, fuochi sempre accesi, pochissimi fronzoli. Fra Tuck che alleva api per ricavare un’alcolico dal miele é meraviglioso. Prince John insopportabile, perfetto, chi ha visto Ipazia riconoscerà l’attore, le parti da cattivo non acutissimo ma maleffico gli vengono bene.

La storia ha una sorta di lieto fine, peccato che la battaglia finale sia un po’ una schifezza, per l’arrivo di un’improbabile “cavaliere mascherato”, indovinate un po’ chi è? e poi i mezzi da sbarco dei francesi che drammaticamente sembrano i mezzi del D-day in Normandia, ma a remi. Diciamo non proprio una chiusura memorabile, ma ci dovevano mettere il bacio e l’eroe che salva la patria.

Morale: titolo sbagliato, divertente e muscolare, non un capolavoro per cinefili, se siete in vena di azione e costumi vedetelo.

Trivia: in una delle scene iniziali c’é una citazione da “A beautiful mind”, non so se voluta o casuale, comunque divertente.

Prince John: [sarcastically] Would every man have a castle?
Robin Longstride: In England, every man’s home *is* his castle.

Speed Racer

Tuesday, January 12th, 2010 by

Ieri sera, come ogni lunedì, sono andato a casa del Dante per giocare a D&D.
Mentre aspettavamo che arrivassero tutti, Paola mette su un dvd.
Morale della favola, abbiamo iniziato a giocare DOPO la fine del film, che nel frattempo ci aveva..incuriositi.
Il film in questione è appunto Speed Racer. Film del 2008 dei fratelli Wachowski.
Ispirato al cartone animato giapponese degli anni ’60 noto in italia come “Go! Mach 5” (o meglio: alla riedizione statunitense che portava lo stesso titolo del film), il lungometraggio narra le avventure di Speed Racer (nome e cognome del protagonista, interpretato da Emile Hirsch), giovane pilota di auto da corsa (che guida, appunto, la “Mach5”).
Senza entrare nel dettaglio della trama, per evitare possibili spoiler (giusto per restare in tema di corse…) diciamo solo che il plot è piuttosto semplice, con qualche tradimento inaspettato ed un paio di colpi di scena prevedibilissimi. Speed vive per correre (beh, con un nome così..) fin da quando era piccolo (divertenti le scene a scuola, sul banco che nella sua fantasia diventa una monoposto), il suo idolo è il fratello Rex, fortissimo pilota professionista che dopo aver tentato invano di opporsi al cartello che controlla i risultati delle corse, ha un tragico incidente che lo toglie di scena.
Della trama non aggiungo altro, passiamo piuttosto alla realizzazione del film, che merita decisamente qualche parola in più. A tratti, per lunghi tratti, la combinazione di dialoghi, scenografie, costumi, azioni…scende precipitevolissimevolmente verso la soglia del ridicolo, e spesso la oltrepassa sconfinando nel grottesco, nel parodistico, per poi risultarne quindi sinceramente comico.
Il design delle vetture è…avvincente (coraggioso persino per un fumetto, ma ricordiamo in quali anni è stato disegnato), ma le scene di corsa sono troppo confusionarie: più che all’originale “Go! Mach 5”, mi faceva spesso pensare alle mitiche “Wacky Races” di Dick Dastardly e Muttley… (“Accidenti! doppio e triplo accidenti!”). Le transizioni tra le scene invece ricordano vagamente il montaggio di Sin City.
Passando ai personaggi: perfetto X Racer, il corridore misterioso, una specie di giustiziere senza paura, amico/rivale di Speed. Delirante il fratellino Spritle (con la scimmia Chim Chim). Ottimo John Goodman nei panni di Pops, il padre di Speed. Onesta la mamma, Susan Sarandon. Piacevole (soprattutto per il pubblico maschile, ma non solo) la fidanzata Trixie, ovvero Christina Ricci. Il personaggio forse meno indovinato è purtroppo proprio Speed Racer/Emile Hirsch, che quando si toglie il casco sembra tanto (troppo) il Ritchie Valens del film “La Bamba”.
E visto che siamo in tema di confronti cinematografici, la fabbrica d’auto del losco multimiliardario ricorda molto quella di cioccolato di Wille Wonka.
Ma quello che colpisce di più è l’uso (l’abuso) del colore.
Negli arredi, nei costumi, nelle scenografie, nei veicoli, nelle luci…
non avevo più visto tanto LSD in un film dai tempi di “Yellow Submarine”.
Psichedelico.

The man who would to be king – L’uomo che volle farsi re

Wednesday, February 25th, 2009 by

Film epico per una storia epica, tragica, avventurosa ed emozionante. Gli strepitosi S. Connery e M. Caine sono Daniel Dravot e Peachy Carnehan, due soldati inglesi. alquanto sicuri di sè, che si ritrovano in India liberi dai doveri militari, assolti combattendo su tutto il territorio dell’allora colonia britannica. Decidono che l’India non é abbastanza grande per loro e iniziano la marcia verso il Kafiristan, misterioso territorio oltre l’Afghanistan, dove nessuno oltre ad Alessandro Magno é mai riuscito a giungere.
Partono ben armati, dopo aver firmato un patto che li vincola al reciproco soccorso, che li costringe alla sobrietà e alla castità fino al raggiungimento dello scopo finale: avere un Paese, un Regno personale e farsi re, del Kafiristan appunto.
Riusciranno nel loro intento? Riusciranno, andranno oltre lo scopo di farsi re, arriveranno a farsi Dio e questo sarà il problema.
Cosa c’é in quest’avventura? Senza fare spoiler, la storia racconta molto bene di amicizia indissolubile, direi fedeltà all’amico, ci racconta di un profondissimo sentimento d’ambizione che sempre pervade Daniel anche quando tutto sembra portare alla delusione. La perseveranza con cui marciano verso la meta, oltre ogni difficoltà, logistica, meterologica e fisica lascia il segno. L’incoscienza di accettare, o non vedere, le pericolose conseguenze delle loro azioni, la capacità di affrontare ogni rischio con forza e deteminata ostinazione.
Veniamo trasportati dentro la follia di un uomo che oltre a volersi fare re si fece Dio, senza remore, convinto della sua posizione, della correttezza del suo pensiero e immerso nel suo sogno, questo folle egocentrismo sarà ovviemente la sua rovina. Infine quest’avventura dice tutto sulla dignità di accettare la sconfitta e il giudizio del popolo. Quallita’ scarsamente diffusa al momento, vi pare?

Imperdibile la scena d’addestramento delle “truppe” afghane, precisione e disciplina britannica a scontrarsi con l’arretratezza dei locali, da sorridere.

Girato in Marocco ci regala panorami mozzafiato, neve, deserti, montagne infinite, rocce impervie, fa venire voglia di camminare.

Il film é tratto dall’omonimo libro di R. Kipling, interpretato nel film da C. Plummer, che funge da notaio del patto iniziale e testimone finale della storia.

Un film molto bello che consiglio se avete voglia di avventura e di amicizia, di onesta’ e quel briciolo di umorismo britannico che non guasta mai.

Billy Fish: He wants to know if you are gods.
Peachy Carnehan: Not gods – Englishmen. The next best thing.

Hellboy

Friday, February 20th, 2009 by

si, Hellboy, il primo, non quello che è uscito la scorsa estate.
Eggià, sono un po’ in ritardo con la recensione…il fatto è che illo tempore non l’avevo visto, chissà poi perchè, e me lo son trovato casualmente ieri sera su Italia1, così ho pensato di colmare questa lacuna.
E son stato contento d’averla colmata.
Si tratta di uno di quei film che secondo me sono l’ideale per una serata di relax, senza troppo impegno, ma che comunque hanno dei meriti. Nello specifico, i meriti sono una trama interessante ed originale, ricca di spunti (di cui dirò poi, meritano un paragrafo a parte).
Non si può dire che il personaggio principale brilli per originalità: ricalca lo stereotipo dell’eroe solitario e burbero, ma con la battuta pronta (alla “Die Hard”, per intenderci, ma perchè no, anche alla Bud Spencer, accidenti), il supereroe da fumetto appartenente alla categoria dei “reietti” (da Batman a Hulk, dal Corvo agli X-Men) perchè diversi e per certi aspetti addiruttura “oscuri”. Ma è pur sempre uno di quei personaggi sopra le righe, di quelli che è difficile non prendere in simpatia, che colpisce coi cazzotti ma anche con la lingua, con l’ironia tipica del disilluso..ma che continua per la sua strada.
Forse più originalità si può trovare nei personaggi secondari: per i “buoni”, l’uomo/pesce che sa leggere il passato ed il futuro; per i “cattivi”, l’uomo meccanico che ha sabbia al posto del sangue ed una molla a carica al posto del cuore.
L’originalità della trama consiste nell’attingere qua e là, mischiando bene il tutto. Ci sono riferimenti a H.P. Lovecraft: all’inzio del film, una citazione dal “de Vermis Misterii”, immaginario grimorio nato dalla mente di Lovecraft appunto e di Bloch; poi il riferimento a terribili divinità ibernate in tombe di cristallo nello spazio remoto, dalle forme gigantesche e tentacolari che tanto ricordano i Grandi Antichi.
Si pesca poi anche nella Storia con la S maiuscola..o meglio, nelle sue pozze più melmose: si gioca sull’ambiguità della figura di Rasputin, veggente e soprattutto stregone, ma soprattutto (e da qui parte il film, ma non dico troppo per non spoilerare) sui (più che) presunti legami tra Nazismo ed esoterismo (già visti anche nella saga di Indiana Jones, tral ‘altro).
Quello che ne esce è un mix interessante, decisamente fumettesco, senza pretese (che è poi quello che lo rende altamente digeribile), ma filante ed avvincente.
Infine..beh, ci sono stati un paio di momenti nel film in cui mi si è accesa una lampadina: “Cabal!”..ho colto qualche legame con lo splendido film di Clive Barker risalente agli ormai lontani anni ’80 (lontani, troppo lontani per poter farne una recensione adeguata, ma se mi capitasse di rivederlo, non mancherò, giuro). Rifermimenti casuali ed involontari sicuramente, inevitabili visto la natura simile dei protagonisti.
Non ho parlato degli effetti speciali, lo so, nè della regia (onesta, senza infamia e senza lode), mentre meritano una nota di merito le scenografie: azzeccatissimi gli ambienti che si sviluppano in verticale…verso il basso, chiaro richiamo alle origini demoniache del protagonista, bellissimi nella loro complessità e nell’essere giganteschi; in poche parole: da fumetto.
Giudizio finale: Il film non è certo un capolavoro da Oscar, ma è decisamente piacevole…”guardevole”, direi.