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Wachowski Bros. « La Fabbrica dei Sogni
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Speed Racer

Tuesday, January 12th, 2010 by

Ieri sera, come ogni lunedì, sono andato a casa del Dante per giocare a D&D.
Mentre aspettavamo che arrivassero tutti, Paola mette su un dvd.
Morale della favola, abbiamo iniziato a giocare DOPO la fine del film, che nel frattempo ci aveva..incuriositi.
Il film in questione è appunto Speed Racer. Film del 2008 dei fratelli Wachowski.
Ispirato al cartone animato giapponese degli anni ’60 noto in italia come “Go! Mach 5” (o meglio: alla riedizione statunitense che portava lo stesso titolo del film), il lungometraggio narra le avventure di Speed Racer (nome e cognome del protagonista, interpretato da Emile Hirsch), giovane pilota di auto da corsa (che guida, appunto, la “Mach5”).
Senza entrare nel dettaglio della trama, per evitare possibili spoiler (giusto per restare in tema di corse…) diciamo solo che il plot è piuttosto semplice, con qualche tradimento inaspettato ed un paio di colpi di scena prevedibilissimi. Speed vive per correre (beh, con un nome così..) fin da quando era piccolo (divertenti le scene a scuola, sul banco che nella sua fantasia diventa una monoposto), il suo idolo è il fratello Rex, fortissimo pilota professionista che dopo aver tentato invano di opporsi al cartello che controlla i risultati delle corse, ha un tragico incidente che lo toglie di scena.
Della trama non aggiungo altro, passiamo piuttosto alla realizzazione del film, che merita decisamente qualche parola in più. A tratti, per lunghi tratti, la combinazione di dialoghi, scenografie, costumi, azioni…scende precipitevolissimevolmente verso la soglia del ridicolo, e spesso la oltrepassa sconfinando nel grottesco, nel parodistico, per poi risultarne quindi sinceramente comico.
Il design delle vetture è…avvincente (coraggioso persino per un fumetto, ma ricordiamo in quali anni è stato disegnato), ma le scene di corsa sono troppo confusionarie: più che all’originale “Go! Mach 5”, mi faceva spesso pensare alle mitiche “Wacky Races” di Dick Dastardly e Muttley… (“Accidenti! doppio e triplo accidenti!”). Le transizioni tra le scene invece ricordano vagamente il montaggio di Sin City.
Passando ai personaggi: perfetto X Racer, il corridore misterioso, una specie di giustiziere senza paura, amico/rivale di Speed. Delirante il fratellino Spritle (con la scimmia Chim Chim). Ottimo John Goodman nei panni di Pops, il padre di Speed. Onesta la mamma, Susan Sarandon. Piacevole (soprattutto per il pubblico maschile, ma non solo) la fidanzata Trixie, ovvero Christina Ricci. Il personaggio forse meno indovinato è purtroppo proprio Speed Racer/Emile Hirsch, che quando si toglie il casco sembra tanto (troppo) il Ritchie Valens del film “La Bamba”.
E visto che siamo in tema di confronti cinematografici, la fabbrica d’auto del losco multimiliardario ricorda molto quella di cioccolato di Wille Wonka.
Ma quello che colpisce di più è l’uso (l’abuso) del colore.
Negli arredi, nei costumi, nelle scenografie, nei veicoli, nelle luci…
non avevo più visto tanto LSD in un film dai tempi di “Yellow Submarine”.
Psichedelico.

V for Vendetta

Saturday, November 11th, 2006 by

Remember, remember, In Flanders fields the poppies blow
The Fifth of November,
The Gunpowder Treason and Plot
I know of no reason
Why the Gunpowder Treason
Should ever be forgot

Non ci siamo dimenticati del 5 di Novembre. Ma abbiamo deciso di ricordarlo insieme a un altro giorno che non dovrebbe mai essere dimenticato. Quando vivevo nella perfida Albione andavo in giro a chiedere a quelli che mi capitavano a tiro se quello che festeggiavano durante la Notte dei Falò era l’idea di far saltare per aria il Parlamento oppure il fallimento di questo tentativo. Non posso più mettere in imbarazzo i nativi e farli diventare tutti rossi e quindi quale modo migliore di celebrare che una sesta visione del film che offre una risposta a questa domanda?

A me i fratelli W., lo ammetto, stanno vigorosamente sulle balle: due che sono riusciti a sputtanare in così malo modo un’idea geniale come Matrix andrebbero offerti in sacrificio umano alla Dea del Cinema. Devo però concedere che sotto l’apparenza del blockbuster, tra esplosioni, sparatorie, inseguimenti, effetti specialissimi e combattimenti splendidamente coreografati sono capaci di parlare di filosofia, religione, storia, politica e altri argomenti “pesi” in modo profondo e intelligente. Valeva in Matrix (nonostante lo scempio fatto) vale ancora di più in V. Fare un film su un terrorista anarchico in anni come questi richiede indubbiamente una buona dose di coraggio. Per farlo bene, costringendo a pensare un pubblico mediamente refrattario a farlo, bisogna essere bravi.

Non che l’adattamento di V sia del tutto indolore. Perchè ripulire e correggere il carattere di Evey, perchè le suggestioni romantiche? Perchè, poi, “scostare” la maschera e accennare a cosa c’e’ dietro? Chiedere a un uomo mascherato chi sia è un paradosso. Centrare il personaggio di V su questo paradosso permette di giocare sulla scissione tra l’uomo e l’idea, confondendo il messaggio originale che sono le idee che contano (“Beneath this mask there is more than flesh. Beneath this mask there is an idea, Mr. Creedy, and ideas are bulletproof!”). Voler “umanizzare” un personaggio troppo difficile da gestire mette in difficoltà i presupposti filosofici della sua storia. Tutto sommato, e nonostante Alan Moore l’abbia ripudiata (per motivi che sembrano comunque indipendenti dal film stesso), questa è comunque la cosa migliore che Hollywood abbia sfornato dal 2003 in qua.
Il tema del vendicatore mascherato che si incarica di ristabilire i diritti del popolo oppresso non è certo nuovo (Zorro, Batman, etc…), ma V è un vendicatore molto diverso dagli altri. Teatrale e sopra le righe, folle e mostruosamente razionale, non si preoccupa di mascherare o giustificare le sue azioni con nobili cause. Vuole l’anarchia e la sua vendetta personale. Mostro, pazzo, terrorista o eroe?
A ciascuno il suo: V non chiede di essere visto o giudicato in un certo modo, così come non cerca di imporre le sue idee o la sua agenda.

V for Vendetta è soprattutto un film politico: “People should not be afraid of their governments. Governments should be afraid of their people”. Quello che Moore scrisse negli anni del thatcherismo rampante assume oggi un significato totalmente diverso e molto più inquietante. Il cambio d’atmosfera nel film rispetto al fumetto è molto significativo. Gli aspetti più estremi della distopia di Moore sono stati diluiti e quella che in cui si muove il V del film può essere descritta più come uno stato autoritario che come una dittatura fascista. Una visione meno nera di quella originale, ma anche molto più realistica e più attuale. Un’evoluzione della società in una autocrazia “conservatrice” grazie alla lenta e costante erosione dei diritti civili, della privacy e alla manipolazione dei mezzi di comunicazione è molto più probabile che non la nascita di una vera e propria dittatura nel senso tradizionale del termine. Questo è, in effetti, quello che sta succedendo proprio adesso.
Infatti i riferimenti all’attualità si sprecano: dalla fobia islamica all’influenza aviaria, dagli allarmismi ecologici alle campagne anti-gay, dall’emergenza del terrorismo alla distorsione del linguaggio: in cambio di protezione e sicurezza (fittizie) si chiede di “limitare” o rinunciare ad alcuni diritti Ma è un patto con il diavolo (non a caso i riferimenti a Faust e a MacBeth).
C’è qualcosa di terribilmente sbagliato in questo paese. E in questo mondo. Forse qualcuno ne è più responsabile di altri, ma se cerchiamo il colpevole…
… dobbiamo solo guardare nello specchio.

Solo che a noi non verrà nessuno a salvarci.

Our integrity sells for so little, but it is all we really have. It is the very last inch of us. But within that inch we are free.